”Un 2001 difficile per le piastrelle di ceramica italiane”, con fatturato e vendite sostanzialmente stabili. Stabile anche l’ occupazione. Sergio Sassi, presidente di Assopiastrelle (Confindustria) ha sintetizzato così la 22/a indagine statistica nazionale dell’ industria italiana delle piastrelle in ceramica che è concentrata per l’ 80,54% della
produzione nelle province di Modena e Reggio Emilia e per le restanti parti in Emilia-Romagna.


Una realtà produttiva composta da 248 imprese e 31.348 addetti. Le previsioni -ha detto Sassi- sono difficili da stilare specialmente in un anno come il 2002 penalizzato come del resto il 2001 da costi
energetici molto alti: ”I nostri bilanci dal punto di vista della reddittività -ha detto Sassi- risentono dei costi energetici e anche di una serie di fattori che limitano la nostra competitività rispetto ai competitori stranieri che stanno crescendo velocemente”. Dal punto di vista dei numeri il 2001 vede il fatturato complessivo a 5.283 milioni di euro (+1,6% sul 2000), l’ export supera complessivamente il 71%, stabili a 600,1 milioni di metri quadrati le vendite che segnano una leggerissima contrazione -0,46%. Deboli i segnali sulla congiuntura nazionale e internazionale che spostano ”l’ avvio della ripresa al 2003” ha detto Sassi. Passando ai problemi aperti nel distretto
ceramico reggiano-modenese e alle politiche per avviarli a soluzione, il presidente di Assopiastrelle, affiancato da Guidalberto Guidi, consigliere di Confindustria, ha detto chiaro che servono ”politiche attive, più attente alle esigenze di un comparto che è il numero uno al mondo, ma che per mantenere la leadership ha bisogno di attenzioni concrete e di avviare a soluzione problemi irrisolti, in particolare quelli infrastrutturali”.