“Occorre un’ulteriore valutazione della situazione relativa alla donna incinta non assunta dall’Ausl. Per questo motivo il direttore generale dell’Azienda, Giuseppe Caroli, mi ha confermato che il prossimo 6 giugno incontrerà il sindacato per verificare la possibilità di impiego immediato della signora in una posizione lavorativa congrua, che non arrechi danno a lei o al bambino”.

Lo ha detto l’assessore comunale alle Politiche sociali e sanitarie Francesca Maletti rispondendo ieri, lunedì 30 maggio, in Consiglio comunale all’interrogazione, trasformata in interpellanza, della consigliera del Pd Claudia Codeluppi sulla mancata assunzione dall’Ausl modenese di una donna incinta.

La consigliera ha chiesto chiarimenti sulla vicenda, comparsa sui giornali nelle scorse settimane in seguito alla denuncia della Cgil e del Pd, che avrebbe visto l’Azienda sanitaria respingere l’assunzione della giovane donna, in quanto incinta, condizione ritenuta incompatibile con il ruolo di operatrice socio-sanitaria, nonostante avesse maturato in graduatoria il diritto di essere assunta a tempo determinato. “Il fatto è di una gravità senza precedenti e vìola l’articolo 15 dello Statuto dei lavoratori, tutte le leggi sulla parità fra uomo e donna riaggiornate sulla base delle direttive europee e la Costituzione negli articoli 3 e 37”, ha detto Codeluppi.

L’assessore ha sottolineato che “è necessario mantenere vigile l’attenzione sui principi sanciti dalla Costituzione. La normativa in materia di lavoro, inoltre, è complessa e si presta a diverse interpretazioni e valutazioni”, ha aggiunto. Maletti ha infatti evidenziato che “l’ufficio personale dell’Azienda sostiene che la signora non può svolgere le mansioni oggetto della graduatoria in quanto gestante e che, per la tutela sua e del figlio, non si può formalizzare il contratto, mancando i presupposti. La signora non perde però il diritto all’assunzione, ma la stipula del contratto viene differita al termine del periodo di inidoneità”. Dall’altra parte, “il sindacato sostiene invece che la signora debba comunque essere assunta”, ha continuato. “In situazioni analoghe, il Comune di Modena, tutelando il diritto all’assunzione sulla base della graduatoria come decretato da alcune sentenze, ha assunto le persone che sono state collocate temporaneamente a svolgere altre mansioni o, in casi specifici in seguito a valutazione medica, sono andate in maternità anticipata”.

Ad aprire il dibattito è stata la presidente del Consiglio Caterina Liotti, per la quale “il caso mette in luce lo scarso rispetto della maternità come valore sociale”. Liotti ha richiamato la pratica della firma delle dimissioni in bianco nei confronti delle donne al momento dell’assunzione “riemersa dopo la cancellazione della normativa Prodi sulla registrazione informatica dei licenziamenti: è incivile”, ha affermato.

Vittorio Ballestrazzi, Modenacinquestelle.it, ha condannato la procedura, ma ha sottolineato che “Stato ed enti locali devono aiutare i piccoli imprenditori che vogliono assumere dipendenti con contratti a tempo indeterminato, con i relativi rischi. Nel pubblico le graduatorie sono ingessate e chi viene assunto ha qualifiche precise; capisco quindi che per l’Azienda, dal punto di vista organizzativo, ci siano stati problemi”.

Sergio Celloni, Mpa, ha detto di non credere “che ci siano aziende che fanno firmare dimissioni in bianco: il dipendente le può impugnare”. Per il consigliere “tutto il mondo del lavoro va rivisto: oggi ci troviamo di fronte a situazioni sempre più critiche dal punto di vista dell’occupazione e la flessibilità può essere un’opportunità per i giovani di entrare nel mondo del lavoro”.

Per Cinzia Cornia, Pd, “sono le leggi che fanno la tutela della maternità. E’ vero che ci sono mansioni inconciliabili, ma questo non può essere il motivo di una mancata assunzione, soprattutto nel settore pubblico. L’interesse dell’azienda non può confliggere con il diritto al lavoro. Bisogna interpretare bene le norme: si tratta di diritti indiscutibili”. Sempre per il Pd, Luigi Alberto Pini ha osservato che “le regole di una società servono a tutelare i più deboli e se il fine ultimo di una azienda è quello di far soldi, lo Stato deve contemperare questo fine con quello di non portare danno alla società”.

Nel dibattito è intervenuta anche l’assessore alle Pari opportunità Marcella Nordi: “Non capisco perché il consigliere Ballestrazzi giustifichi il fatto che le piccole aziende obblighino le donne a firmare le dimissioni in bianco per usarle quando rimangono incinta – ha detto – stiamo tornando al Medioevo. Una tale discriminazione è inaccettabile e va contro i principi della Costituzione e la morale civile”.

Nella replica, Claudia Codeluppi ha sottolineato la persistenza delle disuguaglianze salariali per le donne e della discriminazione per la maternità. “Il governo Berlusconi ha ridotto drasticamente il Fondo per la famiglia e abrogato la legge che impedisce le dimissioni in bianco”, ha aggiunto. “Essere madre non è più un valore sociale, ma un rischio economico”.

Concludendo il dibattito, l’assessore Maletti ha osservato che “nel privato il periodo di maternità viene pagato dall’Inps e non c’è un danno economico per l’azienda, che al massimo si trova a dover assumere temporaneamente una persona meno preparata. Nel pubblico è diverso – ha proseguito l’assessore – se c’è una persona che non può svolgere le proprie mansioni, non c’è copertura e in fasi di scarse risorse ci possono essere difficoltà, ma non possono essere scuse per non rispettare la legge”.