Dopo Pasqua, Pasquetta e 25 Aprile, anche il prossimo primo Maggio assisteremo all’apertura degli esercizi e di alcuni centri centri commerciali, equiparando così questa festività alle aperture domenicali, snaturando quindi anche la stessa festa dei Lavoratori.

Oggi non credo proprio che esistano ragioni economiche, visto il calo dei consumi, tali da sacrificare le pause festive, ma esattamente il contrario: la crisi economica deve accrescere i valori del tempo trascorso in famiglia come collante sociale, come “messa a terra” di tensioni, angosce e frustrazioni generate dal periodo storico che stiamo vivendo e che si accumulano durante i giorni feriali dedicati al lavoro.

Sostengo, senza se e senza ma, la petizione per una legge d’iniziativa popolare contro le liberalizzazioni e aderisco alle manifestazioni, denominate ‘Liberaladomenica’ e promossa dalla CEI e dalla Confesercenti d’Italia, che ha già raccolto centinaia di migliaia di firme a difesa ella vivibilità delle città e delle famiglie.

Alcuni dati poi attestano che, da quando è uscito il decreto SALVA ITALIA, la strada della liberalizzazione degli orari domenicali è errata e non sortisce gli effetti sperati, anzi a Bologna e nei comuni, nel primo

bimestre del 2013 si è registrato un saldo negativo di circa 250 imprese e moltissimi esercizi chiudono o sono a rischio chiusura.

Chi ne ha tratto vantaggio dall’introduzione di questo decreto è solamente la grande distribuzione, e senza regole non si rispetta nemmeno la libertà di concorrenza.

In Europa, poi, risulta che in Germania, Francia, Belgio, Spagna e Olanda i negozi rimangono chiusi la domenica mentre la Svezia autorizza l’apertura 5-24, l’Austria 6-18: Si deduce che, quindi solo l’Italia che ha deciso di liberalizzare l’apertura totale degli orari.

Le regole degli stati europei confermano che l’essere contro le aperture commerciali non ha un carattere confessionale, ma attiene la dignità di tutte le persone e delle relazioni sociali: il tempo della festa distende l’animo umano e le relazioni si improntano nel segno della gratuità.

Il tema del dono e della gratuità, presente nell’enciclica di Papa Benedetto XVI, “Caritas in veritate”, non è qualcosa che viene dopo il lavoro ma è dentro l’economia stessa, è un elemento del cambiamento culturale così necessario in un contesto come quello che stiamo vivendo.

L’uomo non è solo materialità, ma necessita di assecondare anche le componenti spirituali, del proprio pensiero.

(Mauro Sorbi, Consigliere Provinciale UDC)