“Tutto questo è indegno, inaccettabile. Non trovo altre parole per definire tanta violenza e tanto accanimento nei confronti di persone così fragili e indifese, come sono gli anziani non autosufficienti. Se i fatti saranno confermati, queste persone meritano il massimo della pena”.

Così l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi, dopo l’operazione svolta dai Carabinieri della Compagnia di Vergato che ha portato alla luce gravi episodi di violenza e maltrattamenti, fisici e psicologici, sugli anziani ospiti non autosufficienti di una Casa famiglia a San Benedetto Val di Sambro, nell’Appennino bolognese. Una struttura privata, aperta da circa un anno, i cui ospiti sono già stati tutti ricollocati dall’Azienda sanitaria, d’intesa con il Comune.

Ma di fronte al ripetersi di episodi “davvero ignobili”, ribadisce Venturi, e al fatto che la Regione, assieme a Comuni e organizzazioni sindacali, ha varato tutte le misure possibili in base alle norme vigenti, la Regione Emilia-Romagna chiederà di modificare la legislazione nazionale per consentire controlli preventivi, prima di autorizzare l’apertura di Case famiglia, soprattutto alle amministrazioni comunali e alle Aziende sanitarie.

“Ringraziamo l’operato di Procura e Carabinieri- prosegue Venturi-, che hanno portato alla luce quanto stava accadendo. Come Regione, a legislazione vigente, abbiamo fatto tutto il possibile, attraverso le Linee guida condivise con i Comuni dell’Anci e le organizzazioni sindacali, per tutelare gli ospiti delle Case famiglia, prevedendo attività strutturate di vigilanza e controllo, senza preavviso né limiti di orario, per verificare non solo il possesso e il mantenimento degli standard richiesti, ma anche per scongiurare episodi di abusi e maltrattamenti. Abbiamo previsto la creazione di specifici elenchi comunali con le strutture d’eccellenza, le cosiddette ‘Case famiglia di qualità’, che, su base volontaria, e non avremmo potuto fare diversamente, dimostrino di possedere elementi in più per migliorare la qualità della vita e l’assistenza degli ospiti. Sollecitiamo, sempre, l’attenzione dei medici di famiglia, dei parenti degli anziani, dei servizi sociali comunali, del volontariato, perché ogni segnale colto può essere determinante”.

“Purtroppo, un caso come quello di San Benedetto ci dice che tutto ciò che abbiamo messo finora in campo, tanto rispetto alle competenze oggi definite, non basta ancora: servono ulteriori strumenti per intercettare eventuali rischi. Per questo- annuncia l’assessore- chiederemo una modifica della legislazione nazionale per consentire a Comuni e Aziende sanitarie di effettuare controlli e verifiche su gestore, ambiente di vita e personale prima di autorizzare l’apertura di nuove Case famiglia, mentre attualmente non è così”.