Dai test scientifici sui resti trovati nella necropoli scoperta a Casinalbo, gli studiosi potranno ricavare importanti informazioni sugli uomini delle antiche terramare.

La necropoli di Casinalbo, riferibile ad un villaggio terramaricolo situato originariamente nel luogo dove ora sorge la chiesa del paese, era già stata individuata alla fine del secolo XIX dall’archeologo modenese Arsenio Crespellani e fu indagata anche dal collega Fernando Malavolti fra il 1949 e il 1950. La ripresa degli scavi ha ora permesso di accertare che la necropoli è in realtà molto più estesa di quanto pensassero gli studiosi fino ad alcuni anni fa.

Si valuta che originariamente fosse composta da circa 2000 tombe, molte delle quali sembrano essersi discretamente conservate. Gli scavi hanno già consentito di portarne alla luce diverse centinaia. Sono tutte del tipo a cremazione, composte da un vaso cinerario, spesso decorato da motivi geometrici, che contiene le ossa combuste del defunto, talvolta, più raramente, anche di due defunti. Le sepolture spesso sono segnalate da cippi di riconoscimento che, nonostante siano trascorsi ben 3500 anni, in alcuni casi, sono stati trovati nella loro posizione originaria. Solitamente all’interno dei cinerari sono presenti resti del corredo funerario, soprattutto oggetti in bronzo di uso femminile quali spilloni, pendagli, fibule.

Le prime analisi hanno evidenziato che la cittadella dei morti era suddivisa in estesi raggruppamenti che comprendevano fra 10 e 80 sepolture, forse riferibili a grandi famiglie o a lignaggi. Nonostante le oggettive difficoltà, dovute allo stato di conservazione delle ossa cremate, è possibile comprendere il sesso e l’età dei defunti, ma anche risalire alla dieta dei nostri antichi predecessori.

Lo studio, che è per ora nella fase iniziale, consentirà pertanto di far luce sulla società delle terramare che si configura composta da comunità piuttosto evolute, all’interno delle quali erano già in atto le prime differenziazioni sociali.