Cresce il numero di bambini stranieri
che frequentano le scuole pubbliche italiane (230 mila, pari al 3% della popolazione scolastica, con un aumento del 28% all’anno), ma cresce anche la domanda di istruzione degli adulti – italiani e immigrati – che la sera studiano per ottenere un titolo di studio, apprendere la lingua italiana, conoscere un po’ di cultura generale o imparare l’informatica.

Negli ultimi quattro anni il numero dei corsi dei CTP (Centri territoriali permanenti) e’ infatti quadruplicato, passando dai 5 mila del ’98 ai 20 mila dello scorso anno. La scuola pubblica sta diventando cosi’ sempre piu’ un luogo di integrazione dove grandi e piccoli, italiani e stranieri, riducono i pregiudizi, aumentando la conoscenza reciproca, il rispetto per chi viene da fuori o per il Paese che li ospita.
E’ la fotografia dell’Italia che cambia vista attraverso l’attivita’ dei corsi serali delle scuole statali, che sono frequentati da 400.000 adulti (nel ’98 erano 10 mila) di ben 162 nazionalita’. Un percorso di istruzione þ nelle scuole pubbliche, con 4.000 insegnanti statali þ che tende ”a restare in ombra”, ma che un’indagine della Uil-scuola intende portare all’attenzione della politica chiedendo investimenti, oltre che il pieno riconoscimento e la valorizzazione dei 4.000 insegnanti impegnati nell’ educazione permanente.

Dalle scuole popolari nate nel dopoguerra per combattere l’ analfabetismo, si e’ passati negli anni ’70 alle ‘150 ore’ per i lavoratori, agli attuali Centri per l’ educazione degli adulti, dove la presenza di cittadini stranieri e’ cresciuta del 24%. La comunita’ piu’ numerosa che partecipa ai corsi e’ quella marocchina (sui 172 mila soggiornanti in Italia sono 15.512 gli adulti che li frequentano), seguita da quella cinese (quinta in termini di presenze in Italia e al secondo posto per frequenza dei corsi serali con 7.289 iscritti), mentre i cittadini albanesi (seconda comunita’ in Italia) sono al terzo posto con 4.172 iscritti. Le altre sette nazionalita’ del ‘Top Ten’ sono Peru’, Brasile, Romania, Senegal, Pakistan, Tunisia e Russia.

Nelle aule italiane si ‘mescolano’ 13 diverse confessioni religiose, professate da chi, uomini e donne, ha deciso di faticare la sera sui libri per migliorare la propria situazione.
Ma il numero di donne che frequentano i corsi varia a seconda della patria di origine e sono i Paesi islamici ad abbassare la media della presenza femminile. I corsi brevi sono frequentati soprattutto da italiani (73%), che studiano soprattutto informatica, inglese e cultura generale. Dal campione risulta poi che il livello di istruzione ‘di partenza’ dei cittadini stranieri che frequentano i centri e’ mediamente piu’ alto di quello degli italiani: laurea +1,82%; scuola superiore +3,71; scuola media -2,54%; nessuno titolo o licenza elementare -2,76.

”L’ analisi dei dati mostra che ci sono insegnanti che ogni giorno lavorano confrontandosi con l’ esigenza di integrazione di cittadini tra loro molto diversi per cultura, formazione, religione þ sottolinea Massimo Di Menna, segretario generale della Uil Scuola – Insegnare e lavorare nella multicultura e’ un’ attivita’ faticosa e difficile che favorisce il pieno inserimento nella comunita’ italiana, che vuol dire uguali doveri e uguali diritti. Ed e’ la scuola pubblica a svolgere questo ruolo delicato e importante”.


La Uil scuola chiede pertanto una Conferenza nazionale che illustri i risultati positivi ottenuti dall’ attivita’ dei corsi, in termini di coesione e integrazione: ”Richiesta che e’ gia’ stata formalmente inoltrata al Ministro Moratti”.