A partire dal 1998 la crescita e’ costante e secondo dati
diffusi dall’Isae nell’ultimo rapporto in tre anni sono
cresciuti dell’11%, piu’ del doppio per esempio rispetto agli
Stati Uniti (+5%). Nel solo 2003 i prezzi nel settore
immobiliare sarebbero cresciuti del 6% (secondo dati Nomisma).

E
a breve – prevede l’Isae – non ci sara’ un raffreddamento:
”Nonostante il recente incremento, il livello dei prezzi e’
tuttora inferiore – rileva l’Istituto di studi e analisi
economica – del 10 e del 20% rispetto ai picchi registrati,
rispettivamente, negli anni ottanta e novanta”.
A spingere i prezzi degli immobili e’ la crescita della
domanda incentivata dalla riduzione dei tassi, ma non solo. E’
anche ”la riallocazione della ricchezza verso cespiti
considerati meno rischiosi ad avere fatto crescere i prezzi
delle case”. In altri termini, il rischio bond e il rallentare
della corsa verso l’impiego dei risparmi in Borsa ha fatto e
continuera’ a fare da lievito ai prezzi delle case in Italia. E
ancora: le ristrutturazioni agevolate, prorogate da anni di
Finanziaria in Finanziaria, ”hanno spinto la rivalutazione del
patrimonio residenziale”.


I prezzi delle case, secondo i dati della Bri (Banca dei
regolamenti internazionali) nel periodo 1998-2001 sono cresciuti
in Italia dell’11%, contro il 6% di Francia e Germania e 5%
degli Stati Uniti. Prezzi che, secondo l’Isae, dovrebbero
continuare a incrementare. ”Una conferma indiretta – dice
l’Isae – emerge dalla tendenza, tipica del recente panorama
creditizio, verso l’aumento sia della durata del mutuo sia della
percentuale finanziabile del valore dell’immobile (oggi non
raramente supera il massimale dell’80%). Quanto ai mutui, nei
primi 10 mesi del 2003, quelli oltre 10 anni sarebbero
aumentati quasi del 20%. E se e’ vero che la maggior parte degli
italiani vive in una casa di proprieta’ (sono 7 su 10 rispetto
al 40-50% di Francia e Germania), la domanda sembra ancora in
movimento: ”Nel 2002, secondo l’Istat, il 7,4% delle famiglie –
si legge ancora nel rapporto Isae – ha manifestato l’intenzione
di cambiare casa”. Da considerare, infine, che lo sforzo per
acquistare la casa in Italia non si esaurisce con la propria
abitazione di residenza: ”tradizione vuole che siano i genitori
a contribuire cospicuamente all’acquisto della casa dei figli”
e a questo dato sarebbe ricollegabile anche una maggiore
propensione al risparmio nel nostro Paese rispetto ad altri. Il
fatto che la famiglia contribuisca all’acquisto della casa dei
figli – conclude l’Isae – rispecchia sia un atteggiamento
culturale ma anche ”inefficienze e vincoli del settore
creditizio”, dalle eccessive penali sull’estinzione anticipata
dei mutui al fatto che venga privilegiato il credito al consumo
garantito dal reddito o dalla persona piuttosto che dalla
ricchezza.