La stagione dei saldi è finita
lasciando i commercianti con l’amaro in bocca. C’é chi parla di
calo consistente rispetto all’anno scorso e chi di
impercettibile progresso, ma a fronte di una stagione autunnale
drammatica che ha lasciato i magazzini pieni di giacenze
difficili da smaltire. Nella sostanza, comunque, i negozianti di
abbigliamento e calzature continuano a scontare la crisi dei
consumi, che neanche i ribassi e gli sconti del dopo-Natale sono
riusciti ad arginare.

Il periodo dei saldi, sul quale c’era già stato l’allarme
dell’Intesa dei consumatori, che già a gennaio prefigurava un
vero e proprio flop con vendite in calo del 20%, è terminato in
tutte le principali città già da qualche giorno: a Milano, per
esempio, gli ultimi cartellini con il doppio prezzo sono rimasti
esposti fino al 6 marzo, mentre Roma ha girato pagina e rifatto
le vetrine con i nuovi arrivi già dal 21 febbraio scorso.
Ancora qualche giorno per accaparrarsi le ultime occasioni resta
ai residenti di Aosta, Trieste, Reggio Calabria e Palermo, ma un
primo bilancio è già possibile.
Il calcolo più drammatico è quello della Confesercenti, che
parla di un calo tendenziale in termini di ricavi del 10-20%:

“Si tratta di un dato – afferma sconsolato il presidente della
Fismo, il settore moda, Alfredo Ricci – in linea con la tendenza
degli ultimi anni. Come al solito abbiamo registrato una ripresa
degli acquisti solo nella prima settimana di saldi, anche se
ormai le lunghe file fuori dai negozi sono solo un ricordo di
anni passati”. Secondo i dati della Fismo, che sono ancora
provvisori ma rappresentano la maggioranza delle principali
città italiane, “il calo del 10-20% dei ricavi potrebbe anche
essere meno ampio per quanto riguarda il numero dei capi,
venduti quindi a prezzo più basso rispetto all’anno scorso”.


La flessione dei ricavi potrebbe così aggirarsi intorno al
milione di euro, considerando che il volume d’affari dei saldi
invernali si aggira sui 5-6 miliardi. Due, secondo Ricci, le
ragioni di questa tendenza negativa: “I problemi di bilancio
delle famiglie, che si sentono anche nel periodo dei saldi; e il
fatto che ormai l’abbigliamento non è più un settore trainante
come una volta, con le nuove tecnologie alle quali i consumi si
orientano con sempre maggior convinzione”. E una veloce
disamina dei vari settori conferma questi problemi: sono stati i
negozi di lusso, infatti, a subire di meno gli effetti della
crisi.


Meno allarmante, in apparenza, è il bilancio di
Confcommercio, secondo cui i ricavi dei saldi invernali sono
cresciuti del 4%. “Ma – tiene a specificare il presidente di
Federmoda Renato Borghi – occorre considerare che si tratta di
ricavi lordi e che l’inflazione pesa per un 2%. Inoltre, ed è
questo il vero dato negativo, siamo arrivati ai saldi con uno
stock di invenduto più elevato di quello dell’anno scorso a
causa del rallentamento dei consumi e del clima, che nei mesi
autunnali non è stato molto freddo”. Alla fine, quindi, “la
media finale delle giacenze è superiore del 10% rispetto
all’anno scorso” e quindi l’effetto saldi è riuscito solo in
parte a mettere una pezza su una stagione autunnale del tutto
negativa.

Quanto ai segnali provenienti dalle varie città, Borghi
riscontra un calo sensibile nei centri d’arte come Venezia e
Firenze, “forse collegato alla flessione dei flussi
turistici”. In controtendenza e di difficile spiegazione è
invece “l’ottimo andamento registrato a Trento”.