Conto alla rovescia per la notte di San Silvestro. Tradizione e austerity accompagneranno il brindisi di fine anno: a tavola non mancheranno infatti lenticchie e cotechino, ma molti festeggeranno in casa disertando il classico veglione nei locali.

L’unico a non a fare ‘flop’ – secondo una fotografia scattata dalla Confederazione Italiana Agricoltori – sarà lo spumante. A ‘saltare in aria’ saranno 30 milioni di tappi per un fatturato che toccherà i 150 milioni di euro. Crisi a parte, molti passeranno la notte del 31 in agriturismo: duecentomila per la Coldiretti, poco meno di 500 mila per la Confagricoltura, il 4% per la Cia.

Al di là di tutto, l’unica cosa certa è che per il cenone in fattoria – secondo le prime stime degli imprenditori agricoli – si dovrebbero spendere complessivamente non meno di 33 milioni di euro. E si tratterà, soprattutto, di men all’insegna di ricette tipiche, spesso rivisitate secondo le consuetudini familiari o l’estro degli chef. E se al Sud, tra Ostuni e Brindisi, sarà protagonista il gusto amarognolo dei lampascioni (cipolle selvatiche) stemperato dal miele d’arancia, in tavola non mancheranno, un pò ovunque, gli sformati a base vegetale. Mentre tra i primi domineranno i sughi a base di carne e tra i secondi, almeno in campagna, vi sarà ampio spazio per cacciagione, maiale e agnello.

Con gli ultimi arrivi del 2004, quindi, l’agriturismo italiano – rivela la Coldiretti sulla base dei dati di Terranostra – dovrebbe registrare un bilancio annuale di 3 milioni di ospiti (costante rispetto allo scorso anno), dei quali 600.000 stranieri per un fatturato complessivo di circa 800 milioni di euro. Una tendenza, quella del Capodanno in campagna, che vede in prima fila comitive di amici, soprattutto giovani, che alle chiassose feste di piazza o alle lunghe serate in discoteca preferiscono la tranquillità della natura.

Tornando a tavola si profila una fine d’anno ‘soft’ per salmone, caviale, capitone e champagne che verranno consumati dagli italiani con il contagocce. Per questi generi alimentari più costosi – secondo la Cia – si registrerà un calo nelle vendite di oltre il 15%. In sostanza – rileva l’organizzazione agricola – è proprio durante le feste che la condizione di austerity si rende ancora più evidente. Ma la crisi profonda della spesa alimentare, che ha segnato un tracollo negli ultimi 5 anni, arriva da molto più lontano. Dagli anni ’70 ad oggi la flessione è stata costante e gli italiani spendono per mangiare circa il 19% in meno di quanto non facessero trent’anni fa.

Di fronte ai redditi familiari dimezzati dal caro vita la scelta, quindi, è quella di fare economia sul cibo, piuttosto che – come indicato da un recente sondaggio della Cia – rinunciare a qualche telefonata dal cellulare o all’acquisto dell’ultima invenzione iper-tecnologica. Volendo fare un esempio forzato ma non troppo, la spesa del traffico telefonico (fisso e mobile) che ogni nucleo familiare affronta nei giorni di festa, equivale se non è superiore – indica la Confederazione – all’importo speso per acquistare gli alimenti necessari per fare il cenone di capodanno a casa, champagne e caviale esclusi.