L’Italia è al primo posto in Europa per numero di parti cesarei, il 31% del totale, percentuale di molto superiore a quella indicata come appropriata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Più frequenti al Sud, raggiungono il 47% in Campania, il 41% in Sicilia, il 40% in Puglia, il 39,5% in Basilicata, il 36% in Abruzzo e Molise e il 34% in Calabria.

In Italia anche un 12% di parti in strutture private non convenzionate. Fenomeno inesistente in alcune regioni (Valle d’Aosta, Veneto, Liguria, Umbria, Molise, Basilicata), basso in altre (Trentino, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana e Abruzzo, regioni dove la percentuale di parti in strutture private è inferiore al 5%), ma decisamente alto in alcune regioni, in particolare al Sud.

Sono queste le cifre (riferite all’anno 2001) presentate dall’ultimo rapporto ‘Nascere e Crescere oggi in Italia‘ (statistiche della salute materno-infantile nelle regioni italiane), pubblicato da Il Pensiero Scientifico Editore e a cura di Maurizio Bonati e Rita Campi del Laboratorio per la Salute Materno-Infantile dell’Istituto Mario Negri di Milano.

L’aumento dell’età al primo parto è tra le motivazioni più frequenti addotte dai medici. Tuttavia, l’aumento dell’età delle neomamme si è verificato in tutta Europa, compresa la Scandinavia, l’Irlanda e la Spagna, dove la percentuale dei cesarei è comunque inferiore.