In Europa un medico veterinario su sei è italiano e il numero degli studenti italiani è pari al 26,6% degli studenti europei. E’ questo il frutto di un’anomalia tutta nostrana: le 14 facoltà di medicina veterinaria, più il corso di laurea interfacoltà di Catanzaro, rappresentano infatti il 20% dell’offerta universitaria europea.

In sostanza l’Italia ha, da sola, le facoltà che Francia, Germania e Regno Unito hanno assieme. Un primato sconsolante quando si pensa che il 14,3% dei neo-veterinari italiani non ha ancora trovato lavoro a cinque anni dalla laurea. Preoccupa ancor di più che tra 10-15 anni tale percentuale salirà fino al 30%. In quest’arco di tempo infatti i posti di lavoro nel settore diminuiranno e si registrerà nel nostro Paese un calo complessivo del numero di veterinari occupati del 2-4% rispetto ad oggi.

Contestualmente i nuovi veterinari cresceranno ancora a un ritmo medio del 3-4% ogni anno (l’incremento degli iscritti all’Ordine, fra il 1999 e il 2005, è stato del 20,4%: gli iscritti sono passati da 19.606 a 23.600), con una inevitabile congestione del mercato del lavoro. E’ quanto emerge dal “Libro Bianco della professione veterinaria” realizzato da Nomisma, commissionato dalla Federazione Nazionale degli Ordini Veterinari Italiani (FNOVI) e che sarà presentato oggi a Roma. Sulla base dei dati emersi dalla ricerca di Nomisma, la Federazione del Veterinari ritiene che sia indispensabile aprire una importante stagione di riforme della professione e chiede ai Ministri Storace e Moratti di sedersi nuovamente attorno al Tavolo di Concertazione già costituito tra l’Ordine, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, per discuterne.