Sono in gran parte uomini, anche se il numero delle addette sta crescendo (oggi sono più del 33,6%). Hanno in media 49 anni, possiedono un elevato livello d’istruzione (il titolo di studio più frequente è il Diploma 40,5%, seguito dalla Licenza Media 23,7%, e da un buon 6,9% di Lauree Universitarie – dato leggermente inferiore rispetto alla media del campione regionale pari al 10%) e sentono il “bisogno” di formazione continua.

È questo il ritratto dei protagonisti dell’agricoltura biologica e biodinamica nella provincia di Modena.
La radiografia che emerge dalla ricerca promossa ed effettuata da Enfap (Ente di formazione professionale regionale) e da Prober (Associazione produttori biologici e biodinamici Emilia Romagna) per la rilevazione dei fabbisogni formativi di operatori ed imprenditori di aziende biologiche e biodinamiche in Emilia Romagna nell’ambito del progetto “Agricoltura biologica da fare e da pensare”. L’indagine sarà illustrata mercoledì 28 settembre presso la Sala Biblioteca dell’Assessorato Agricoltura e Alimentazione della Provincia di Modena durante una tavola rotonda con i maggiori esponenti delle Associazioni di categoria ed Istituzionali.

Su un totale regionale di 944 intervistati, 131 sono le imprese campione della provincia di Modena (delle quali 90 cioè quasi il 69% svolgono esclusivamente attività di produzione vegetale mentre più del 20% del campione sono imprese di trasformazione), prevalentemente imprenditori che alla base della loro scelta professionale, la conversione al settore agro-alimentare biologico, pongono motivazioni diverse: al primo posto (19,4%) si colloca la motivazione economica definita come “ricerca di maggior profitto”, seguono, a brevissima distanza, 18,6% la motivazione “tecnica” (fondata sulla validità del metodo) e 17,8% quella “etica” (legata alla sostenibilità ambientale), molto ricorrente anche la motivazione della “scelta indotta”, espressa come “Contesto territoriale già predisposto al biologico”.

Secondo i dati ufficiali, in Emilia Romagna gli operatori biologici sono 4102, di queste 3421 sono aziende agricole e 681 sono trasformatori o preparatori. Ma quali sono i principali prodotti (anche trasformati) da agricoltura biologica?

Secondo il campione provinciale dell’indagine, in linea con i dati regionali, la produzione foraggiera è quella prevalente con quasi il 56%. Al secondo posto troviamo quella cerealicola (36%), al terzo posto quella frutticola (30%). Mentre un buon 10% di imprese si dedica quasi esclusivamente alla viticoltura. Nell’ambito della produzione animale si registrano percentuali più basse (18,3%), con la prevalenza dell’allevamento bovino (quasi il 10%).
Le attività di trasformazione raggiungono complessivamente il 25% del campione con le percentuali più alte relative ai prodotti lattiero-caseari (11,5%).

«L’agricoltura biologica, riconosciuta dall’Unione Europea come uno dei cinque settori economici su cui intervenire per la tutela dell’ambiente, si orienta – spiegano i curatori dell’indagine – allo sviluppo sostenibile.

Questo si traduce nell’incentivazione dell’agricoltura biologica anche attraverso la valorizzazione delle risorse umane coinvolte in queste realtà».

I risultati della ricerca – curati da Maria Bonci, esperta di organizzazione di sistemi educativi e formativi – si riferiscono all’elaborazione svolta su 944 questionari raccolti in Emilia Romagna e definiscono il target di imprese e operatori del settore biologico potenzialmente interessati ad attività di formazione continua ed una mappatura del sistema delle competenze sentite come necessarie.