Famiglie immigrate: come prevenire e curare il disagio‘. Operatori sanitari a confronto con l’etnopsichiatra e scrittrice francese Marie Rose Moro, in un seminario organizzato da Agefor e Provincia.

“Il modello francese d’integrazione proposto è unico e rigido ed è lo stesso da 30 anni. La società francese non ha messo al centro i giovani immigrati. Ritengo che la paura abbia rallentato l’integrazione dei bambini immigrati, non è vero che in Francia tutti i bambini hanno le stesse chance, anche se penso che la società francese sia accogliente nella sua essenza. Dobbiamo attivare un nuovo modo di pensare e noi psicoterapeuti dobbiamo, ovviamente, intervenire”.

A parlare è la professoressa Marie Rose Moro, 44 anni, etnopsichiatra, psicoanalista e direttore della clinica transculturale dell’ospedale Avicenne di Bobigny, un piccolo comune alla periferia di Parigi, che oggi a Modena ha partecipato ad una conferenza stampa organizzata dall’Azienda USL.
Marie Rose Moro, docente di Psichiatria per il bambino e l’adolescente all’Università di Parigi, autrice di numerosi libri e direttrice della rivista L’Autre, oggi è a Modena per partecipare come relatore al seminario “Accogliere le famiglie immigrate nei servizi sanitari, sociali e psicologici: l’approccio dell’etnopsicanalisi”.

La giornata, rivolta gli operatori sanitari, è stata organizzata da Agefor (Agenzia formativa dell’Azienda USL di Modena) con la collaborazione della Provincia di Modena e fa parte del ciclo “Famiglie migranti e salute psicologica, bisogni emergenti e modelli d’intervento”.

“Nel mio reparto di Bobigny – racconta Moro – da tempo andavamo ripetendo cosa sarebbe potuto accadere ed io stessa ho avuto l’occasione di essere ricevuta dal Presidente della Repubblica Chirac. Dopo avermi ascoltata il Presidente mi ha detto “Non mi hanno mai rappresentato la società francese in questo modo” e io gli ho risposto ”Siete stato mal consigliato, la grandezza di un uomo politico sta anche nel sapersi far consigliare bene”. E’ vero, nel reparto dove lavoro raccogliamo storie di disperazione e sofferenza, ma le famiglie hanno la possibilità di uscire da tutto questo”.
Perché i giovani immigrati francesi hanno scatenato questi disordini? “Tutto avviene nei loro quartieri – spiega la psichiatra francese – se la prendono con oggetti d’amore che hanno rappresentato per loro una delusione. E’ una violenza, ma anche una sofferenza, condivisa”. E in Italia? “Non credo che il fenomeno sia tipicamente francese, ogni società moderna si deve porre il problema della costruzione di un legame significativo per tutti. Il problema francese riguarda già gli inglesi, i canadesi, gli spagnoli…”.

Alla conferenza stampa hanno partecipato anche il Direttore del dipartimento di Salute Mentale (DSM) dell’Azienda USL Modena Paolo Capurso, Eleonora Bertolani per l’assessorato provinciale al lavoro, politiche giovanili, immigrazione ed emigrazione e Franca Capotosto di Agefor.
Come sottolinea il dottor Capurso “A Modena l’immigrazione è più recente rispetto alla Francia, Modena non è una metropoli e poi va tenuto conto di tutto il grande lavoro per l’integrazione svolto da anni dagli asili, dalle scuole e dai quartieri. Abbiamo il tempo di prepararci. Cominciamo a vedere adolescenti immigrati con alcuni problemi, ma più legati all’identità di origine: ad esempio, donne maghrebine che rifiutano di vestire come i genitori e le loro regole sulle relazioni amorose. Occuparsi, ad esempio, di un bambino cinese di 4 anni appena giunto a Modena che presenta un sospetto disturbo del linguaggio o di un cittadino di origine albanese portato al Pronto soccorso in evidente stato confusionale, significa per la Logopedista, la Psicologa o lo Psichiatra riuscire a discriminare tra elementi chiaramente patologici ed aspetti più collegati ad un transitorio disturbo più fisiologico, provocato dalla condizione di immigrato.
La riflessione dei professionisti sulla casistica sempre più ampia afferente ai servizi del DSM – aggiunge Capurso – corroborata da analisi approfondite sull’andamento clinico delle singole situazioni, ha spinto la Direzione del Dipartimento ad organizzare un Gruppo di lavoro sul Disagio transculturale, costituito da operatori sanitari di tutti i settori. Il gruppo ha iniziato a riunirsi dopo la scorsa estate e si pone l’obiettivo di individuare nuove modalità di accoglienza ed intervento. Momenti formativi come quello con la Professoressa Moro – conclude Capurso – sono una componente essenziale del percorso di riqualificazione previsto per tutti gli operatori. I professionisti che operano nei quattro settori del DSM (Psichiatria, Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Dipendenze Patologiche e Psicologia Clinica) si trovano quotidianamente “in prima linea” nel fornire assistenza sanitaria, riferibile alla salute mentale, alle popolazioni migranti.

La formazione – sottolinea Franca Capotosto di Agefor- è fondamentale per ampliare gli orizzonti ed acquisire la capacità di comprendere le situazioni ed offrire interventi efficaci che si costruiscono conoscendo le differenze, rispettandole ed utilizzandole come risorse, salvo che non confliggano con i principi fondanti della nostra organizzazione sociale. Il cambiamento culturale si traduce in comportamento concreto solo se almeno il 7% degli operatori è stato formato al nuovo approccio. Dal 2000 è stato progettato e messo in atto un intervento formativo, rivolto a tutte le professionalità sanitarie, sulla comunicazione interculturale in ambito sanitario, con percorsi di approfondimento su tematiche specifiche. Fino ad oggi si sono svolte 30 edizioni del corso base, che hanno coinvolto 643 professionisti e 15 seminari di approfondimento.

Nella provincia di Modena gli operatori dell’Azienda USL (e non solo loro) si confrontano con una realtà che vede la presenza di oltre 49.000 immigrati residenti, oltre 10.700 dei quali hanno meno di 14 anni. E’ molto probabile che questi bambini si confronteranno, nel giro di pochi anni, con le difficoltà e la vulnerabilità dell’essere migrante di seconda generazione. Il tessuto sociale modenese ha quindi tempo, risorse e competenze per individuare strategie volte alla prevenzione del conflitto culturale.

A Modena, fin dal 1995, è stato aperto presso il Consultorio un Centro salute per le donne straniere e i Consultori familiari della provincia modenese (si rivolgono alle donne dai 15 ai 64 anni, complessivamente circa 214.000 nel 2004) nell’ultimo decennio hanno visto aumentare gli utenti stranieri. Alcuni dati dei Consultori familiari: le utenti straniere dell’area ostetrico ginecologica erano 986 nel 1996 (1,9% del totale), nel 2004 sono state 6.059 su 42.158 (il 14% del totale). All’area psicologica dei consultori nel 2004 si sono rivolte 42 donne su 1.378 (il 3% del totale), le utenti dello spazio donne immigrate di Modena città erano 518 nel 1996 e sono state 794 nel 2004, gli stranieri utenti degli spazi giovani sono stati 124 nel 2004 (il 7,8% del totale). Nel 1996 solo il 17,7% delle 1.658 donne gravide assistite dai consultori della provincia erano straniere, nel 2004 sono state il 41,7% (su 3.132). I certificati per l’interruzione volontaria di gravidanza per donne straniere sono stati il 15% del totale nel 1996 (su 850) e il 49% del totale (su 1.294) nel 2004. Per la contraccezione il 21,6% dei 6.375 utenti che si sono rivolti ai consultori nel 2004 erano stranieri. Per problemi connessi alla menopausa, infine, solo il 3% delle 3.021 utenti nel 2004 erano straniere.