Alla luce di analoghi esempi in Italia e in Europa, urbanisti, sociologi, economisti, daranno il via ad un percorso partecipato per la riconversione della grande area a nord della città. Tra i relatori, Campos Venuti, Paolo Ceccarelli, Bruno Gabrielli, Giandomenico Amendola, Paolo Leon, Carlo Olmo.


26 ettari, serviti dalla linea ferroviaria storica, dalle tre linee ferroviarie locali, da una delle arterie principali della città (via del Partigiano), dal futuro terminal delle corriere e da un ampio parcheggio. Sono gli elementi essenziali che rendono evidente l’importanza strategica dell’area delle ‘Reggiane’, nel secolo scorso fulcro della vita economica di Reggio Emilia, della sua identità, emblematico della vita sociale e produttiva, oggi luogo da reinventare e riprogettare.

Nella consapevolezza di quanto sia decisivo coinvolgere intelligenze e forze economiche e sociali della città nel definire un’idea condivisa sul futuro dell’area, confrontandosi con esperienze realizzate altrove e con competenze di alto livello, l’amministrazione comunale propone un percorso conoscitivo partecipato che condurrà, entro pochi mesi, alla realizzazione di un concorso di idee. Un percorso che avrà inizio venerdì 20 gennaio, al teatro Ariosto, con il convegno “Le Reggiane: area strategica tra vecchia e nuova realtà”.
Alla luce di una ricerca realizzata del centro studi Oikos sulla riconversione di aree industriali dismesse di altre realtà italiane ed europee, si confronteranno alcuni tra i maggiori urbanisti, sociologi, economisti, architetti, tra i quali Giuseppe Campos Venuti, Paolo Ceccarelli, Bruno Gabrielli, Giandomenico Amendola, Paolo Leon, Carlo Olmo.

Nel presentare il Convegno, l’Assessore all’urbanistica Ugo Ferrari ricorda come l’ambito in questione ha le caratteristiche per candidarsi a polo di eccellenza della città e di un contesto territoriale ben più ampio.
Il futuro dell’area – afferma Ugo Ferrari – deve sapersi relazionare con il progetto di città. Un progetto i cui punti di forza saranno la sostenibilità, la rigenerazione, la riqualificazione e la trasformazione dell’esistente, più che le nuove espansioni.
Partire dunque dalla storia, dalla memoria per farne un luogo della contemporaneità e di sperimentazione sul terreno ambientale, delle nuove tecnologie, dell’architettura e di nuove forme di partecipazione e negoziazione.