Un convegno dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia farà il punto sulle prospettive occupazionali dei laureati “diversamente abili” e, più in generale, sulle difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro dei portatori di handicap.

Apripista per molte iniziative rivolte ai “diversamente abili” che intendono proseguire gli studi, l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia ha deciso di puntare ora i riflettori sulle prospettive occupazionali dei portatori di handicap e, più in particolare, di quanti conseguono una laurea.

Cosa ne sarà di loro una volta terminati gli studi? Quale è l’accoglienza riservata dal sistema economico-sociale? Su questi temi sarà incentrato un convegno “Non solo farmaci: il lavoro per l’integrazione del disabile”, promosso insieme all’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi Civili di Modena ed all’Azienda Unità Sanitaria Locale di Modena, col patrocinio della Provincia di Modena, del Comune di Modena e del Centro Servizi Amministrativi di Modena (ex-Provveditorato agli studi).

L’iniziativa che si terrà domani, venerdì 27 gennaio 2006, alle ore 14,00, sarà ospitata presso l’Aula Magna dell’Istituto Charitas di Modena (Via Panni 199).

Sono ben 133 i diversamente abili iscritti all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, seguiti dall’Ufficio Accoglienza Disabili, che fornisce loro tutor, accompagnatori e sussidi strumentali per essere facilitati nella partecipazione alle attività didattiche che debbono frequentare.
Il sistema universitario modenese-reggiano da qualche anno investe molte risorse per accompagnare questi giovani a vivere con intensità lo studio ed a fargli condividere la passione per la ricerca. Oggi che tanti di loro sono già laureati o prossimi al titolo ci si rende conto da parte dell’Ateneo che tali sforzi possono essere vanificati dalle chiusure che i “diversamente abili” incontrano o potrebbero incontrare una volta che si affacciano al mondo del lavoro. L’attenzione rivolta a queste persone, dunque, deve andare oltre le aule e trovare una giusta ed adeguata prospettiva in ambito occupazionale, nella consapevolezza che il lavoro può anche sostituirsi – in molti casi – alle cure farmacologiche.