Due vigilesse, due ispettori di polizia, tre carabinieri, tre mediatrici culturali, una dozzina di volontarie di diverse associazioni che si occupano dei diritti delle donne, oltre una quarantina di operatrici di servizi sanitari e sociali: sono i partecipanti del primo corso interistituzionale di formazione sulla violenza domestica contro le donne e i minori.

Il corso è stato promosso dall’Azienda USL di Bologna, in collaborazione con la Casa delle Donne e il Comune di Bologna, SOS Donna, Armonie, AMISS, Centro Ascolto Immigrati, Caritas Diocesana Bologna e Centro Accoglienza la Rupe e sarà aperto il 4 maggio, in una sede formativa dell’AUSL, in via Sant’Isaia 90, con il saluto di Maria Virgilio, assessore alle Pari Opportunità del Comune di Bologna, e di Gilberto Bragonzi direttore sanitario dell’AUSL.

La predisposizione di collegamenti tra istituzioni che si trovano a intervenire in situazioni violenza intrafamiliare sulle donne e i minori, e la costruzione di una rete territoriale per la prevenzione nei casi di maltrattamento e violenza domestica sono, tra gli obiettivi del corso, quelli più ambizioni e di maggiore impatto sulla capacità che avranno i servizi bolognesi di rispondere al fenomeno. Gli altri obiettivi sono orientati allo sviluppo di conoscenze teoriche e di base, e alla acquisizione di abilità e competenze specifiche in tema di violenza domestica.

Al corso parteciperanno operatrici del Pronto Soccorso generale, del Pronto Soccorso ostetrico, dei Consultori, del servizio Tossicodipendenze, del Centro di Salute Mentale, della Medicina di Base e Specialistica.

Dai dati di numerosi paesi occidentali, risulta che subisce maltrattamenti non occasionali una donna convivente o sposata su tre o su quattro. Questo dato non è così sorprendente se si tiene conto di una serie di considerazioni: è un fenomeno coperto dalla vergogna e dal silenzio, e quello che emerge (richieste di aiuto, denunce, ecc.) non è che la punta di un iceberg di un sommerso assai più vasto; fino a circa cinquant’anni fa anche nel nostro paese le donne, per esempio, non avevano diritto di voto e addirittura fino al 1975 nel nostro codice di famiglia era previsto che il marito avesse il diritto di “correggere” il comportamento della moglie e dei figli; solo nel ‘96 nel nostro codice penale lo stupro è diventato un reato contro la persona e non più contro la morale; l’estensione e la gravità del fenomeno ci indicano che la violenza contro le donne va considerata come una patologia a carattere sociale, cioè strutturale in più o meno tutte le società attuali, e non può essere ridotta ad una patologia individuale o psicologica (il cosiddetto “sadomasochismo” di coppia).