Bibbie, Talmud e libri di preghiere, opere di astronomia, astrologia, filosofia, linguistica e medicina. Ma anche due ketubboth, cioè contratti matrimoniali, stipulati a Carpi e a Modena nel 1629 e nel 1728, e vari lasciapassare rilasciati ad antenati dell’editore Angelo Fortunato Formiggini dal Duca di Modena e dal Papa per favorire la loro attività di gioiellieri ducali.

E’ ciò che propone la mostra “Fonti ebraiche presso la Biblioteca estense universitaria“, aperta al Palazzo dei Musei da oggi al 24 settembre e costituita in massima parte da materiale conservato nell’Antico Fondo Estense, ma anche da materiale proveniente dalla raccolta del bibliofilo modenese Giuseppe Campori e dall’Archivio della famiglia Formiggini.

Allestita nella Sala Campori della Biblioteca Estense Universitaria di Modena, la mostra sarà aperta il 3 settembre, Giornata europea della cultura ebraica, dalle 10 alle 18 (ingresso libero) – gli studenti dell’istituto musicale Orazio Vecchi proporranno un suggestivo accompagnamento musicale – e resterà aperta fino al 24 settembre dal lunedì al sabato dalle 9 alle 13 (ingresso 2,60 euro, insegnanti e studenti 1,60, gratuito per under 18 e over 65, ingresso gratuito sabato 23 e domenica 24 settembre per le Giornate europee del patrimonio).

Codici, incunaboli e cinquecentine seguono una suddivisione tematica in testi sacri e di liturgia (Bibbie, Talmud, Meghillah, Haggadah), in opere di astronomia, di astrologia, di filosofia, di linguistica, di medicina. Seguono opere di liturgia, libri di preghiere per il giorno di espiazione, formulari per la sera di Pasqua. Dell’editore ebreo Angelo Fortunato Formiggini è esposta la tesi di laurea “La donna nella Torah” e di antenati della famiglia sono in mostra vari lasciapassare rilasciati dal Duca e dal Papa, al fine di favorire la loro attività di gioiellieri ducali.

La ricchezza dei manoscritti – circa 40 – di cui alcuni miniati, e delle opere a stampa ebraiche presenti nel nucleo originario dell’antica libreria ducale “testimonia la benevolenza e la lungimiranza degli Estensi nei confronti degli ebrei, di cui avevano intuito il prezioso apporto culturale e la straordinaria capacità di creare o di aumentare il potere economico dei centri nei quali si stabilivano”, spiega Paola Di Pietro Lombardi, responsabile del settore manoscritti della Biblioteca Estense Universitaria.

Proprio un ebreo reggiano, Moisè Beniamin Foà, fu scelto dal duca Francesco III come libraio addetto alla dotazione della biblioteca, con il titolo “Provveditore ducale”. La sua attività lo portò a stretto contatto con i bibliotecari, prima con Francesco Antonio Zaccaria e poi, dal 1770, con Girolamo Tiraboschi con il quale iniziò un’intensissima collaborazione finalizzata all’accrescimento della biblioteca. Tramite Foà arrivarono infatti, tra le altre, la poderosa opera di Moisè di Jacob Cordovero, intitolata “Or Jacar”, ovvero Luce preziosa, un Pentateuco ebraico e l'”Almagesto” di Tolomeo.
“Foà, frequentatore assiduo delle fiere librarie europee, inviava alla libreria del Duca le opere più importanti che trovava sui mercati di Parigi, di Lipsia, di Francoforte, di Londra, di Anversa”, racconta Paola Di Pietro Lombardi. “Riflesso di questa sua passione di bibliofilo e del suo impegno di aggiornato mercante di libri è il catalogo che nel 1770 compilò con i titoli delle opere acquistate in tutta Europa e che donò al Duca accompagnandolo con la frase ‘Non sarò il primo tra i librai d’Italia, ma non l’ultimo’”.