E’ stato inaugurato ieri, in presenza di Adonis, Paolo Fabbri e Giuseppe Conte, a Vignola, il Poesia festival 2006, che prosegue fino a domenica 1 ottobre nei comuni dell’Unione Terre di Castelli e di Maranello e Marano.


Dopo il saluto augurale dei sindaci dei sette comuni promotori e del Presidente della Fondazione Vignola, Paolo Fabbri ha aperto i lavori
sottolineando come la poesia usi la lingua in tutte le sue possibilità, “la poesia dice quello che dice dicendolo”. Superata oggi la concezione romantica della poesia come “linguaggio altro”, d’élite, ben venga la formula del Poesia festival che offre poesia a tutti.
Introducendo il poeta arabo Adonis, più volte candidato al Nobel per la poesia, Fabbri ha
ricordato l’efficace metafora di Goethe per descrivere l’Oriente e l’Occidente:”sono come i due lobi della foglia del gincobiloba”, due parti inscindibili di una stessa pianta,con comuni radici.
La poesia lirica italiana – ha detto Fabbri – nasce dall’incontro dei trobatori con i cavalieri arabi in Sicilia. Col verso libero, una volta infranta la
struttura formale del verso poetico (sonetto, canzone, lode, ottonario, settenario, ottave, rima alterna), la poesia ha preso due strade, quella
visiva e quella musicale. Alla poesia è rimasta la voce del poeta, ha concluso Paolo Fabbri.
Bellissima quella di Adonis che ha letto i versi delle sue composizioni in arabo, pervase di una musicalità fascinosa.
Giuseppe Conte ha regalato all’amico Adonis la lettura in italiano di alcune delle “Cento poesie d’amore” del poeta di origine siriana.
Adonis ha sottolineato a sua volta l’intreccio forte tra cultura d’Oriente e d’Occidente fin dall’antichità, ricordando l’imperatrice romana di origine persiana, il poeta arabo Al Marrhi cui si sarebbe ispirato Dante scrivendo il canto dell’Inferno, gli intensi rapporti commerciali tra Venezia e Aleppo
al tempo delle Repubbliche marinare. Ha poi illustrato il complicato rapporto dell’individualità poetica con la cultura islamica salafita – che
attinge a una tra le numerose letture e interpretazioni del testo coranico – basata sul concetto di “comunità”.
Chiudendo l’incontro, che ha registrato un’elevata partecipazione di pubblico, Paolo Fabbri ha proposto provocatoriamente di bandire le parole di
origine araba dall’alfabeto italiano, come estrema applicazione del progetto guerrafondaio globale in atto nei confronti della cultura araba. Ma,
prendendone esplicitamente le distanze, ha poi rinunciato ad applicare il progetto guerrafondaio fino alle sue estreme conseguenze, perché, dice, gli
italiani non potrebbero mai vivere senza le parole “acciacchi”, “assassino”, “zucchero”, “zafferano”, e una lunga sfilza di irrinunciabili termini ormai
d’uso comune, indispensabili a descrivere la vita quotidiana, politica e sociale del nostro paese.

Dopo la partecipata inaugurazione il Poesia festival 2006 ha concluso la sua prima giornata con l’annuncio dei vincitori del Concorso “Under 29”, alle 21.30 a Castelnuovo Rangone.
Al primo posto il napoletano Roberto Acerra con la poesia “Memento”. A seguire, nell’ordine: Massimo Ravecchi di Sassuolo con “Dovremo fare”, Alberto Frigo di Tiene con “Lavorare per la libertà”, Luca Amadessi di Spilamberto con “Demoni domestici”, Giovanni Fantasia di Sassuolo con “Introduzione alle città”.
Marisa Cortesi, membro della giuria assieme a Donata Ghermandi e Alberto Bertoni, ha letto i nomi dei primi venti classificati, provenienti da tutte
le città d’Italia, da Lecce a Verona e Roma, oltre che dalla nostra Regione. “I primi venti classificati verranno premiati con la dignità di stampa” ha
dichiarato Marisa Cortesi. Di questi, i primi cinque hanno avuto in sovrappiù l’onore di leggere la propria poesia vincente al folto pubblico (più di 500 persone). I primi tre potranno godere, inoltre, di un buono di 300 euro da spendere in libreria.


Samuele Bersani è intervenuto alla premiazione del concorso per giovani poeti ‘Under 29’. “Io penso che siano gli altri a decidere se uno è un poeta” ha dichiarato il cantante.”Non sopporto chi si presenta autodefinendosi poeta tendendoti la
mano”. La poesia è umiltà, secondo il brillantissimo, schietto, Bersani, che ha letto in dialetto romagnolo alcuni versi del suo maestro ispiratore Raffaello Baldini. E umile, autentico, divertentissimo, è proprio lui per primo, nel raccontare con passione e ottimo senso dello humour la sua esperienza di giovanissimo compositore di testi, di affermato cantante a
disagio con le logiche commerciali imposte dal sistema mediatico, radiofonico e televisivo (in quest’ultimo ha deciso di “limitare al massimo
le apparizioni”), di privilegiato dal successo interiormente fedele al suo sentirsi “portatore sano di precarietà”. Uno che, piuttosto che dell’aldilà,
preferisce parlare dell’Aldiqua, come recita il titolo del suo ultimo cd appena apparso.