Federico è un bambino fioranese affetto da una grave malattia del sangue in cura presso il Policlinico di Modena, dove da mesi una qualificata equipe di medici si sta prodigando per restituirlo ad una vita “normale”. Ha dovuto superare numerose prove connesse con la malattia e la sua terapia.

Per vincerla, oltre alle cure attuali che sta seguendo, i sanitari – d’accordo con la famiglia del piccolo – vorrebbero ricorrere anche al trapianto di cellule staminali emopoietiche, sottoponendolo al cosiddetto “trapianto di midollo osseo”, procedura per la quale è necessario reperire nel mondo un donatore sano compatibile non familiare, il cosiddetto “fratello che Federico non sa ancora di avere”.
La ricerca dello sconosciuto donatore per Federico, alla quale si è appellata anche la madre e che ha avuto ampia eco tra la popolazione, tanto che già numerosi cittadini hanno contattato la Struttura Complessa Immunutrasfusionale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena per dichiarare la propria disponibilità, sta seguendo l’iter previsto dalle organizzazioni preposte all’accesso ai registri internazionali di donatori.

“La vicenda di questo bambino – commenta il dottor Maurizio Miselli, Direttore Sanitario dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena – consente di mettere a fuoco le quotidiane difficoltà con cui anche i migliori professionisti si trovano a combattere per dare ai malati la migliore assistenza richiesta da ogni singolo caso e restituire ad essi concrete speranze, speranze di poter condurre un esistenza pressochè normale.
Modena da questo punto di vista nell’ambito della cura, ma anche della ricerca delle malattie oncologiche rappresenta certamente un punto all’avanguardia e, soprattutto per i trapianti di midollo osseo, poggia su una valente equipe di medici che nel 2006 hanno realizzato 57 interventi di trapianto: 48 trapianti autologhi (autotrapianti) e 9 allogenici, provenienti da altro donatore.
Abbiamo dunque la ragionevole certezza che per il piccolo Federico nulla resterà intentato e che la generosità e la partecipazione della cittadinanza, che vogliamo pubblicamente ringraziare per questo gesto, contribuiranno a rendere ancora più soddisfacenti i risultati che si stanno ottenendo per lui e per i tanti che in futuro avranno bisogno di sottoporsi a questa delicata terapia”.

Attualmente, chiusa la ricerca nei registri di donatori di midollo, è stata avviata quella nei registri di sangue cordonale e i risultati saranno noti tra breve. Nel frattempo, Federico sta abbastanza bene, la malattia è in remissione completa, prosegue il suo programma di cura, che fa riferimento a cicli di chemioterapia adatti per curare la sua malattia. Qualora non si riuscisse a trovare il donatore, il programma di chemioterapia sarebbe ulteriormente intensificato, ricorrendo ad un trapianto di cellule staminali emopoietiche autologhe, ovvero prelevate dal midollo di Federico e purificate in laboratorio dalle cellule tumorali eventualmente residue prima di reinfonderle al bambino.

La vicenda del piccolo, in qualche modo emblematica, grazie alla mobilitazione della stampa locale ha consentito di riaccendere – come è ovvio che sia per la sua giovane età – i riflettori sul problema della donazione di cellule staminali emopoietiche (da midollo osseo, da cordone ombelicale, da sangue periferico), un gesto di solidarietà umana verso il quale deve essere mantenuta una continua sensibilizzazione tra i cittadini, in quanto, purtroppo, si sta assistendo ad un progressivo calo delle adesioni alla donazione, soprattutto tra i giovani, che sono i migliori candidati alla donazione stessa.

“Il caso di Federico – ci ha detto il professor Paolo Paolucci, Direttore del Dipartimento Integrato Materno Infantile e Responsabile dell’OncoEmatologia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, dove è in cura Federico – rappresenta un momento di sensibilizzazione pubblica e deve servire soprattutto come campanello di allarme sulla dona-zione”, affinchè i pazienti che verranno dopo Federico, adulti o bambini che siano, abbiano la migliore probabilità di trovare il donatore in caso di bisogno.

“Alla base del trapianto – ha spiegato la dottoressa Marisa De Palma, Direttore della Struttura Complessa Immunotrasfusionale del Policlinico di Modena, sede per il Registro regionale sia del Centro Donatori che del Centro Prelevo Staminali Periferiche – c’è la compatibilità tra chi riceve le cellule staminali e chi le dona, compatibilità che riguarda un sistema di caratteri biologici tipici di ogni individuo, trasmesso ereditariamente, chiamato HLA. Poichè più ci si allontana dall’ambito strettamente familiare (genitori e fratelli) più queste caratteristiche si diversificano, il mezzo che maggiormente può consentire il ritrovamento di un donatore compatibile (cioè HLA compatibile) è quello di avere a disposizione un numero estremamente vasto di persone che volontariamente si fanno ‘tipizzare’ per il sistema HLA per essere iscritte in un archivio”.

Così sono nati i vari Registri donatori nel mondo – ce ne sono 58 in 43 nazioni – per un totale di circa 11 milioni di iscritti, dei quali più di 300.000 in Italia. L’iscrizione comporta una selezione rigorosa, assai simile a quella dei donatori di sangue (eccetto il limite di età, che è di 35 anni): la tipizzazione HLA viene gestita a diversi livelli di approfondimento.

“L’iscrizione al registro donatori – ha spiegato il professor Franco Narni, responsabile della ricerca dei donatori per il Policlinico – comporta una selezione simile a quella dei donatori di sangue che, però, esclude tutti coloro che superano i 35 anni di età, perchè la compatibilità che si richiede per il trapianto di midollo osseo non ha nulla a che vedere con quella sanguigna. Essa, infatti, è a livello di HLA (acronimo di Human Leukocute Antigens) cioè un sistema di caratteri biologici tipici per ciascun individuo che viene trasmesso ereditariamente. Si tratta quindi di un livello di compatibilità col donatore molto più profondo di quello richiesto per una trasfusione (tra fratelli questa compatibilità si trova nel 30% dei casi, ma nel caso di non consanguinei la probabilità è molto più bassa: da 1 su 1.000 per i tipi di HLA più comuni a 1 su 100.000) e questo spiega la difficoltà nella ricerca di donatori compatibili. Per questo, secondo i protocolli nazionali, se le ricerche nella banca mondiale non danno risultati, si passa a quella del cordone ombelicale che viene utilizzato in un secondo momento, ma bisogna a questo riguardo tener presente che il cordone ombelicale è utile soprattutto per pazienti in età pediatrica. Un donatore adulto, invece, va bene per qualsiasi paziente”.
Il Servizio Trasfusionale del Policlinico di Modena gestisce il Laboratorio di tipizzazio-ne HLA di I° e II° livello e l’iscrizione al Registro con la collaborazione promozionale dell’ADMO, grazie alla quale il numero dei donatori modenesi è attualmente di 8.550 iscritti.

Come le donazioni di sangue, anche le iscrizioni al Registro, in quanto espressione di una alta volontà solidaristica, sono mirate a offrire possibilità di guarigione a chiunque necessita di questa strategia di cura, a livello nazionale o internazionale, nella consapevolezza che solo attraverso un elevato numero di iscritti è possibile selezionare il donatore ideale ed idoneo. A queste banche dati, e con la stessa motivazione solidaristica si sono successivamente affiancate le Banche Cordonali che consentono di estendere la ricerca di cellule staminali compatibili anche a questo tipo di donazione. Esiste un’organizzazione a livello mondiale (BMDW), che raccoglie i dati relativi ai fenotipi HLA dei donatori volontari di midollo osseo e delle unità di Sangue Cordonale e ne coordina la distribuzione in tutto il mondo.
La Banca Cordonale dell’Emilia Romagna in capo a cinque anni dalla sua istituzione ha all’attivo un bilancio di più di 1500 unità bancate ed ha registrato, fino ad ora, la cessione a livello nazionale ed internazionale di 13 unità.

“Per completezza di informazione – prosegue la dr.ssa De Palma – va detto che dal marzo 2005 anche in Italia come nel resto del mondo, e quindi anche a Modena, c’è la possibilità di effettuare la donazione di cellule staminali emopoietiche non solo con la procedura tradizionale del prelievo di sangue midollare in sala operatoria sotto anestesia totale, ma anche attraverso la staminoaferesi, cioè la raccolta di cellule staminali dal sangue periferico attraverso un circuito extracorporeo”. Essa non necessita di ricovero, ma viene effettuata in am-biente ambulatoriale presso il Centro di Prelievo Periferico istituito presso il Servizio di Medicina Trasfusionale. Nei giorni precedenti la donazione al donatore vengono somministrati i cosiddetti fattori di crescita, per mobilizzare la maggior quantità possibile di cellule staminali dal midollo verso il torrente circolatorio. Questo sistema può affiancarsi utilmente alla donazione tradizionale, rendendo la donazione di cellule staminali meno problematica per coloro che vedono con qualche preoccupazione l’intervento chirurgico, il che si auspica aumenti le iscrizioni al registro.
Il problema delle donazioni è piuttosto serio. Dei 308 mila potenziali donatori iscritti al registro italiano (IBMDR), 41.230 sono in Emilia Romagna e di questi 120 hanno già donato. In provincia di Modena ci sono 8.360 potenziali donatori, 17 dei quali hanno già donato. Chiunque abbia un’età compresa fra i 18 e i 35 anni, pesi più di 50 Kg e non sia affetto da malattie di sangue o da altri gravi forme infettive (Aids, epatite, ecc.) può diventare donatore. Occorre sottoporsi al prelievo di un campione di sangue presso il Servizio Trasfusionale, allo scopo di definire l’assetto antigenico HLA in base al quale il soggetto verrà inserito nell’archivio computerizzato del Registro Italiano Donatori Midollo Osseo, (IBMDR) collegato con le banche dati di tutto il mondo.
Nella ricerca di donatori è fondamentale l’azione di sostegno svolta dalle associazioni di volontariato, in particolare ADMO e ASEOP, che l’opera di sensibilizzazione nella ricerca di donatori.