Dopo molti anni consecutivi al ribasso finalmente il 2006 si è presentato come un anno di assestamento dove i valori di produzione e fatturato hanno ricominciato a crescere, anche se a ritmi e con volumi più bassi che in altri settori dell’economia modenese. E’ questa la situazione che emerge nel tessile modenese alla luce dei dati elaborati dalla Camera di Commercio ed utilizzati da Cna Federmoda in occasione dell’ormai consueta analisi congiunturale sull’andamento delle imprese del settore moda.
Si tratta di numeri in qualche caso modesti, ma che assumono un significato importante che segnala come le imprese abbiano saputo fronteggiare la dura selezione di questi anni posizionandosi in una fascia di prodotto medio alta, espressione di un Made in Italy sempre più richiesto dai compratori.
L’importanza dell’andamento del settore è legato al peso che questo, ancora oggi, ha rispetto all’economia modenese. Nonostante il ridimensionamento degli ultimi anni, maglieria, tessile e abbigliamento rappresentano, infatti, ancora il 9,3% del fatturato ed il 12,7% dell’occupazione dell’industria manifatturiera. Elementi, questi, che fanno comprendere quanto sia ancora importante il ruolo che ricopre il settore.
Per ciò che riguarda il mercato, risultano ancora importanti i dati riferiti agli ordini esteri, dove sono in aumento le vendite in Russia e nell’Europa dell’Est. Non a caso il 2006 si chiude con un incremento delle esportazioni. Aumentano, però, anche le importazioni e tra i paesi di provenienza si conferma molto alta l’importazione dalla Cina.
Va peraltro sottolineato che questa massiccia entrata di prodotti finiti a basso costo non sempre è alimentata da imprese produttrici, ma in molti casi è la stessa rete distributiva (grossisti, agenzie, intermediari, stocchisti, ecc.) ad essere protagonista di questo fenomeno, determinando così un’invasione del mercato locale di prodotti con prezzi bassissimi, sprovvisti, nel migliore dei casi, di etichetta d’origine, ma ampiamente etichettati con il Made in Italy.
Malgrado i segni generali positivi, anche negli scorsi dodici mesi è continuato il processo di diminuzione delle imprese in attività, che a fine 2006 si sono attestate a 2.923 con una calo del 3,2% rispetto ad inizio anno. La selezione riguarda in misura più elevata le imprese dell’area della subfornitura, segmento dove spicca un’eccessiva frammentazione e dove è maggiore l’esposizione alla concorrenza determinata dal decentramento produttivo, dal lavoro sommerso e dalla ricerca del basso costo. Inoltre, il comparto della maglieria ha risentito in modo più evidente della trasformazione in atto nel settore.
Infatti, tra le imprese finali e di subfornitura si assiste ad una sempre minore distinzione tra confezionisti di maglieria e confezionisti di abbigliamento, in quanto molte imprese scelgono di proporre tutte due le tipologie di prodotto o servizio, collocandosi su un total look.
Non essendosi ancora concluso il processo di trasformazione in atto, è del tutto logico trovare imprese che vanno meglio rispetto ad altre. In questa situazione, la ricetta per agganciare in modo stabile la ripresa passa dall’introduzione di interventi a sostegno, all’export, all’innovazione, alla creatività alla cultura d’impresa, alle alleanze e partnership.
Dai dati del campione Cna l’anno 2006 evidenzia un lieve aumento dell’occupazione (+ 1,95%), un segno positivo che, però, potrebbe rappresentare un problema nella misura in cui la necessità di reperimento di figure qualificate da inserire nel settore non trovasse risposta nell’offerta di lavoro. Infatti, di fronte al pensionamento di mano d’opera qualificata le aziende incontrano difficoltà ad individuare quelle qualità professionale necessarie alla produzione di capi di fascia medio-alta come quelli attualmente richiesti dal mercato. E si tratta di figure attualmente carenti nel mercato del lavoro a causa della scarsa attrattività che il settore esercita verso le nuove generazioni.
“Da questi risultati – conclude Vanni Po – Presidente Cna Federmoda di Modena – emerge che non esiste una ricetta per tutte le aziende, poiché ogni impresa è diversa negli obiettivi e nelle strategie di mercato, ma per competere in un mercato così complesso come quello del mondo della moda occorre un lavoro comune ed una unità di intenti tra i diversi attori che popolano l’universo di questo settore”.
“Resta quindi indispensabile – continua Po – investire fortemente sul valore del Made in Italy e sull’obbligatorietà dell’ apposizione dell’origine, sulla tracciabilità del prodotto, sulla sinergia tra produttori e consumatori, ecc. Servono sostegni per promuovere il prodotto ed i servizi che il distretto è in grado di offrire, serve che si riconosca, una buona volta, che per le nostre imprese, sia di prodotto finito che di subfornitura, il campionario è innovazione e comporta un investimento molto alto e continuo da riconoscere anche in campo tributario. Purtroppo, però, le manovre fiscali in atto vanno in ben altra direzione, come dimostra la querelle sugli studi di settore”.




