Il discorso del sindaco di Bologna Sergio Cofferati, pronunciato oggi in Piazza Medaglie d’Oro in occasione delle celebrazioni del 27° anniversario della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.


“Cittadine e cittadini, Autorità civili e militari e, come sempre, soprattutto voi, parenti e familiari delle vittime della strage che il 2
agosto del 1980 ha colpito i vostri affetti e distrutto questa stazione e, con voi, i familiari delle vittime di tutte le altre stragi che sono qui presenti insieme alle loro istituzioni, è intorno a voi che la comunità bolognese si stringe, ricordando i morti, i feriti e il dramma di quel giorno. Quello di oggi, come sempre accade, è un evidente esercizio di solidarietà verso di voi e tra di noi: l’esercizio e
la solidarietà infondono forza alla democrazia, danno rilievo ai suoi valori, sono importanti, spesso decisivi nella vita delle persone e delle
loro comunità.
Lo stragismo fascista di quegli anni, il terrorismo delle Brigate Rosse in tempi più recenti, il terrorismo fondamentalista che ha colpito comunità
lontane, che non manchiamo mai di ricordare, aggrediscono la convivenza civile e la democrazia. In più occasioni è stata attaccata la nostra democrazia, quella riconquistata dalla lotta di Liberazione, quella che i partigiani ci hanno consegnato insieme alla libertà, facendo della
Resistenza una delle pagine più alte della vita del nostro Paese. Guerra di popolo, non di avanguardie: popolo coinvolto, popolo partecipe, che cacciò i fascisti e i nazisti e ci riconsegnò quei valori che i partigiani avevano attinto dalla loro storia, quella privata e quella nazionale: i valori del
Risorgimento, questa lunga catena di identità nazionale, di principi condivisi, di valori trasformati in carta dalla Costituzione e,
soprattutto, trasformati in condizioni disponibili nella vita di tutti i giorni per tutti noi.
La follia del terrorismo mette in discussione tutto ciò, colpisce gli inermi, addirittura cercando di ingannarli, sostenendo che le sue folli
azioni sono volte a difendere loro, i più deboli, che sono sempre stati danneggiati dalle azioni inconsulte, dalla distruzione di vite umane o
dalla messa in discussione di simboli, di valori ai quali le comunità si riferiscono. Il terrorismo sceglie luoghi, sceglie persone, lo fa con
l’intenzione non soltanto di distruggere vite umane ma di dare messaggi, trasferire elementi drammatici di sovversione e di cambiamento delle regole della convivenza e della democrazia. È quello che è capitato più volte, negli anni che abbiamo alle spalle, anche a Bologna: le stragi dei treni, un aereo che si inabissa nel mare di Ustica, la strage alla stazione di Bologna, gli efferati delitti della Uno Bianca, fino all’uccisione del professor Biagi davanti alla porta di casa sua. Una lunga catena di omicidi, di azioni di terrorismo e di brigatismo volte a realizzare nella
sostanza gli stessi obiettivi: colpire una comunità. Ma quella comunità, pur ferita, ha sempre saputo rispondere con pacatezza ma con
determinazione, senza cambiare le regole né sollecitare modifiche alle condizioni del vivere civile. Una comunità che ha risposto sempre con gli
strumenti della democrazia, una comunità che non si è piegata e che nel tempo ha saputo sollecitare, stimolare azioni positive da parte di tutti i suoi interlocutori, nel rispetto degli stessi, a cominciare dalle altre istituzioni, per arrivare ai Governi e allo Stato. Una comunità che,
insieme al ricordo e alla solidarietà, ha saputo promuovere iniziative per l’efficace e giusto riconoscimento ai familiari delle vittime. Non si
tratta, come ancor oggi purtroppo ogni tanto capita di leggere o di sentire, di azioni meramente economiche, che pure non vanno trascurate.
Quando persone vengono colpite nei loro affetti più profondi cambia anche la dinamica della loro vita, non soltanto le aspettative, ma le condizioni
materiali: un padre, un figlio, una mamma che scompaiono cambiano il destino di un nucleo familiare, di tante altre persone, ed è per questo che lo Stato dev’essere solidale, deve avere attenzione verso coloro che sono stati, senza nessuna ragione, colpiti nei loro affetti più cari e hanno visto trasformata, trasfigurata, la loro vita quotidiana. A questo servono le leggi: a dare coesione ad un Paese e a rendere chiaro che la democrazia si costruisce e si difende sulla base della condivisione di valori e di azioni concrete che il sistema legislativo deve rendere possibili.

Anche per questo abbiamo continuato insieme, le associazioni dei familiari e le istituzioni che con loro condividono questo lungo tragitto, a chiedere il
superamento definitivo del segreto di Stato nei delitti di strage e di terrorismo. È importante e dà grande soddisfazione la conclusione della
Commissione che nelle scorse ore, nella riforma dei Servizi, ha introdotto anche il superamento del segreto di Stato. Si apre da qui una stagione
nuova: sarà possibile affrontare serenamente ciò che ancora è coperto da zone d’ombra, ciò che ancora non è sufficientemente visibile o chiaro, e
bisogna dire che da qui passa e, per fortuna, transita positivamente la credibilità delle nostre istituzioni. Le difficoltà sono state tante,
l’abbiamo detto insieme più volte da questo palco come dagli altri nei quali si ricordavano le vittime di altri momenti terribili. Quello di ieri
è un primo ma importantissimo approdo, che potrà consentire di fare il resto della strada avendo al nostro fianco lo Stato, il Governo e le
istituzioni e avendo a disposizione strumenti che prima non erano disponibili.
Milano, Brescia, le altre città che sono state colpite dalle stragi, le comunità che qui sono rappresentate dai loro sindaci, dai presidenti delle
Province, tutte queste comunità con noi hanno lavorato in questi anni per rimarginare ferite profonde. Continueremo in questo lavoro insieme, e lo faremo così come abbiamo nel corso degli anni passati deciso di agire: attraverso la partecipazione e la vicinanza del popolo alle persone che sono state colpite nei loro affetti e nelle loro condizioni materiali di vita. Questo è il modo più efficace, il modo che una democrazia deve scegliere sempre quando si trova di fronte a fatti efferati come quelli che ricordiamo questa mattina: non dimenticare mai, trasferire la memoria a chi viene dopo di noi, appurare sempre la verità giudiziaria, agire perché
questa sia coerente con la verità storica, rifiutare i revisionismi di comodo, quelli piegati alla politica contingente, far luce su ogni zona
d’ombra è necessario in primo luogo per noi, che ci battiamo da sempre perché ciò avvenga, ma non deve mai significare rimettere in discussione ciò che è stato verificato e appurato, ciò che la Magistratura ha giudicato e sentenziato.
La nostra comunità, quella bolognese, come quelle delle altre città nelle quali le stragi si sono consumate, deve molto alle associazioni dei parenti
delle vittime. Il lavoro dell’associazione del 2 agosto, così come di tutte le altre associazioni, è un lavoro prezioso, trasmette conoscenza,
trasferisce memoria alle giovani generazioni. Non conta soltanto la loro, la vostra capacità organizzativa, che ci aiuta ad avere qui sempre la
moltitudine di persone che caratterizza il nostro 2 agosto; è il lavoro quotidiano, quello di tutti i giorni che vengono prima e dopo, quello
rivolto ai ragazzi per fornire elementi di conoscenza, per stimolare la nascita di uno spirito critico, in modo tale che loro possano giudicare attraverso la conoscenza esatta di ciò che è stato, di ciò che è accaduto, senza verità precostituite ma nel rispetto del lavoro di tutti coloro che per anni e per decenni hanno cercato con ostinazione, non solo legittima ma meritoria, la verità. Il ricordo dei parenti in queste giornate si rinnova, per loro questa è una giornata piena di contrasti, di contraddizioni: c’è l’affetto, la solidarietà di una comunità che si stringe intorno a loro, che li conforta; c’è il ritornare a quel momento terribile che li addolora; ma anche questo loro dolore rende più consapevoli tutti, noi per primi, e i ragazzi che con loro hanno nel corso di questi decenni costruito un solido rapporto.
I parenti, avete visto, sono sul palco, sono in mezzo a voi. Avete visto persone anziane, mature, vedete dei ragazzi, che non erano ancora nati quando quella bomba distrusse la vita dei loro familiari. Ecco, questa lunga catena che prosegue dice di quanto sia profondo il rapporto e il dolore dentro quei nuclei familiari, ma anche di quanto sia viva la voglia di ricordare insieme a noi per costruire le condizioni che impediscano che ciò che è stato possa ripetersi.
Da qui dobbiamo insieme ancora una volta ringraziare chi si adoperò in quei terribili momenti per lenire ferite e dolori: le Forze dell’Ordine, i
dipendenti dell’Amministrazione, le cittadine e i cittadini di Bologna che accorsero e ognuno fece quel che poteva fare per dare una risposta
democratica e per aiutare le persone che erano state colpite. Dobbiamo ringraziare i tanti che arrivarono a Bologna da ogni parte del Paese e che
tornano tutti gli anni perché si sentono parte di noi. Questi parenti sono a pieno titolo cittadine e cittadini bolognesi, come lo sono tutti coloro
che hanno condiviso il dolore e la fermezza della risposta. Dobbiamo ringraziare i magistrati che con coraggio hanno cercato la verità quando
non era facile farlo.
Grazie a voi tutti che siete qui, portatori delle vostre sensibilità diverse ma uniti, al di là delle appartenenze, nel ricordo. Grazie a voi
che in questa giornata ci aiutate a dare un senso ad un’idea alta di comunità e di democrazia che vorremmo restasse per sempre nella storia di
Bologna”.