Istituito con la legge regionale del 21 febbraio 2005 il Parco dei Gessi Romagnoli, rimane ancora un fantasma.

“La legge approvata dopo anni di discussioni e diatribe – spesso senza confronti reali sui problemi – prevedeva che entro trenta giorni “la Provincia di Ravenna, d’intesa con la Provincia di Bologna e con gli altri enti di cui al comma 1 (Comuni di Brisighella, Casola Valsenio, Riolo Terme, Borgo Tossignano, Fontanelice, Casalfiumanese e Comunità montane dell’apppenino Faentino e Valle del Santerno)
doveva avanzare una proposta del Consorzio
obbligatorio quale Ente di gestione”.

“Ne sono passati oltre 900 e non si muove foglia – reca una nota di Legambiente – e non si capisce che cosa si stia aspettando. In assenza di un organo di gestione – si aggiunge – non è possibile dare avvio ad alcuna politica di sviluppo che esalti
le possibilità notevoli che la legislazione in atto offre per il recupero dei beni culturali, la tutela della biodiversità, ma anche per una agricoltura più redditizia di quella attuale in disarmo, il turismo rurale che qualcosa produce ma potrebbe offrire ben altre possibilità. La stessa attività venatoria potrebbe trovare una collocazione più definita svolgendo una funzione di controllo della presenza delle varie speci, garantendo insieme tutela della fauna selvatica e con adeguati rimborsi agli agricoltori operanti nel parco per i danni subiti alla proprie coltivazioni. “Ci sembra che i conciliaboli in
atto gestiti dagli uffici regionali – afferma Legambiente – si soffermino sui dosaggi dei posti
da suddividere fra le fazioni partitiche e di
categoria senza alcun costrutto. In questo modo
– continua la nota di Legambiente – non si
governa nulla, mancano le informazioni, rimangono solo i vincoli territoriali, cresce il malumore anche perchè non si capisce nulla e gli interessi personali o di gruppo hanno il sopravvento”.

La nota di Legambiente si diffonde anche sulle questioni che potrebbero costituire elemento di rilancio dell’area interessata come: il miglioramento delle infrastrutture a servizio delle aziende agricole e dei residenti; azioni “non solo
condivisibili ma auspicabili” che favoriscano il
recupero e il riuso dei fabbricati presenti nelle
aziende agricole poste in zona C e nell’area
contigua a fini agrituristici e/o di servizio
delle attività aziendali); il riconoscimento di
marchi di qualità di prodotti o produzioni
agricole ed artigianali da inserire anche in
circuiti commerciali e turistici; il riconoscimento dei marchi di qualità delle attività ricettive e turistiche esistenti che comportano l’attivazione di buone pratiche e la cui applicazione sia controllata da terzi; la realizzazione di un laboratorio per la
macellazione e lavorazione delle carni della
razza mora romagnola e della razza bovina
romagnola finalizzata alla promo-commercializzazione di prodotti di qualità
e ad alto valore; la possibilità di una
collaborazione diretta degli agricoltori con
l’Ente di Gestione per attività di conservazione
diretta degli habitat naturali, rinaturalizzazione, manutenzione dei sentieri e delle strutture di fruizione dell’area protetta, degli ambienti seminaturali associati all’uso agricolo (pascoli, castagneti) e di coinvolgimento in progetti di ripristino di elementi di elevato valore paesaggistico e/o conservazionistico; azioni che favoriscano concretamente le aziende impegnate
nell’agricoltura biologica e/o quelle vocate alle
produzioni tipiche, tradizionali e di qualità; la
tutela delle aree forestali attraverso interventi
di salvaguardia e miglioramento dei soprassuoli,
per accrescerne i caratteri di naturalità e di
biodiversità, conservare e ripristinare le cenosi
tipiche locali biologicamente complesse e differenziate.