“Ridurre al minimo le barriere burocratiche ma alzare l’asticella delle competenze professionali”. L’allarme lanciato da Lapam e Cna sull’eccesso di imprese nel settore edilizio, spesso senza le adeguate capacità e garanzie, viene rilanciato dall’assessore provinciale al Lavoro Gianni Cavicchioli che indica così in sintesi le linee che dovrebbero caratterizzare una nuova legge per portare maggiore regolarità sull’accesso al lavoro autonomo in tutti gli ambiti professionali, ma soprattutto in quelli, come l’edilizia, dove “le competenze rappresentano una condizione di garanzia non solo per il mercato di riferimento ma anche e soprattutto per la sicurezza e per la salute dei lavoratori e dell’imprenditore stesso”.
Il tema era già stato sollevato nelle scorse settimane a proposito della sicurezza sul lavoro e ora la riflessione si estende a tutti gli ambiti e i settori. Un maggior livello di competenze professionali e di specializzazione, non solo del lavoro dipendente ma anche nel campo del lavoro autonomo e imprenditoriale, è peraltro una delle priorità emerse in tutti i momenti della concertazione che ha portato alla stesura del programma triennale di interventi della Provincia di Modena sul mercato del lavoro.
“Non è possibile progettare il futuro in termini di “economia della conoscenza” – spiega Cavicchioli – se non usciamo da situazioni che si possono definire meglio in termini di “economia del noleggio”. Oggi le maggiori difficoltà per avviare una attività in proprio sono spesso determinate dalle procedure burocratiche, mentre esistono in troppi settori barriere minime sia dal lato professionale che patrimoniale: evase le procedure, si può praticamente “noleggiare” di tutto, dalla cazzuola al gru, giusto per stare in edilizia, fino alle braccia per questi strumenti senza tener conto di competenze ed esperienze”.
In questo modo, quindi, “altro che economia della conoscenza, si crea invece una jungla di mercato – aggiunge Cavicchioli – dove non solo vengono distrutte le regole della leale concorrenza ma si lascia spazio a possibili vaste aree di illegalità di ogni genere, che culminano nel fenomeno dell’apertura forzata di partite Iva come unica possibilità di accesso a un lavoro”
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In questa situazione, conclude Cavicchioli, si è “già oltre il precariato e non per colpa di una legge, ma per responsabilità di una cultura, quella che ha fatto passare per furbetti i disonesti, che professa il perseguimento del profitto a prescindere, compreso lo sfruttamento della condizione di chi per lavorare deve accettare di tutto: una “imprenditoria spuria”, che tutti insieme, associazioni di categoria, sindacati e forze politiche, abbiamo il dovere di togliere dal mercato”.




