Per sottolineare il valore della Giornata Internazionale contro la violenza alle donne, il Consiglio comunale di Bologna ha invitato a parlare, ieri a inizio seduta, le dottoresse Maria Giovanna Caccialupi, responsabile del Centro per la salute delle donne straniere e dei loro bambini e Marinella Lenzi, ginecologa della Maternità dell’Ospedale Maggiore che si occupa del
Pronto Soccorso per l’assistenza alle donne che hanno subito violenza.


Maria Giovanna Caccialupi ha raccontato l’esperienza del Centro per la salute delle donne straniere e dei loro bambini, che opera a Bologna dal 1991, quando la realtà delle donne immigrate era molto meno visibile di oggi. Si tratta di un consultorio predisposto dal Servizio Sanitario all’interno della rete dei servizi per la Maternità e per l’Infanzia,
quindi di uno spazio in rete, collegato con tutti gli altri servizi. È uno spazio un po’ particolare perché il suo primo scopo – ha detto Caccialupi –
è l’accoglienza interculturale di donne e di bambini nella prima fase dell’immigrazione, cioè in quella fase in cui la donna non conosce ancora
questo Paese, non conosce la lingua, non conosce il Servizio sanitario.In questo Centro, dove ogni anno ci sono circa 5.000-5.500 accessi, operano, accanto alle operatrici sanitarie, delle operatrici culturali appartenenti al mondo arabo, cinese, russo, rumeno e spagnolo, che lavorano per mediare e favorire l’inserimento delle donne. Un altro obiettivo è la predisposizione di collegamenti interistituzionali per favorire l’accesso delle donne immigrate ai servizi sanitari e prevenire le situazioni di crisi che possono crearsi. Giovanna Caccialupi ha poi concluso il suo intervento sottolineando la necessità di avere un potenziamento della
pratica di assistenza e della formazione professionale, nelle varie branche disciplinari, per meglio decodificare il bisogno sanitario delle donne immigrate.

E’ poi intervenuta la dottoressa Marinella Lenzi, parlando del Pronto Soccorso per l’assistenza allle donne che hanno subito violenza. Il Pronto Soccorso, già operativo da alcuni mesi, è partito da una necessità avvertita dalla popolazione, dagli operatori sanitari, ma anche da tutti gli organismi che sono preposti alla tutela della salute pubblica per dare
una risposta più adeguata alle donne vittime di violenza. “L’OMS – ha affermato Marinella Lenzi – considera la violenza contro le donne come un problema di salute pubblica diffusa in tutto il mondo, in ogni cultura, e i dati internazionali, indicano come la violenza conosciuta e dichiarata è solo la punta dell’iceberg. Quindi uno dei compiti del Centro è proprio quello di far emergere in maniera più significativa il fenomeno, che attualmente è molto sommerso”.
“La violenza contro le donne, a volte anche contro i bambini, che sono le vittime principali di violenza, – ha proseguito Lenzi – nella realtà spesso contrasta con quelli che sono gli stereotipi che noi abbiamo: spesso è una violenza che avviene in ambito domestico, è raramente agita da sconosciuti, si associa ad importanti conseguenze sulla salute fisica e psichica di chi
subisce violenza. In Italia l’Istat ha compiuto due indagini sulla diffusione e sulle
caratteristiche della violenza: una prima uscita nel 2004, una seconda nel 2007, che ulteriormente conferma quanto anche nel nostro Paese questo problema abbia un’importanza quantitativamente rilevante e come, appunto, solo in una piccola percentuale dei casi venga perpetrata da estranei, e
come nel 90% dei casi non vi sia denuncia da parte della donna vittima di violenza. Nel 2005 è stata fatta una prima indagine su tutti gli accessi ai pronti soccorsi ostetrici della città, quindi il pronto soccorso ostetrico ginecologico della clinica del Sant’Orsola e dell’Ospedale Maggiore, che aveva evidenziato trenta casi di accessi per violenza sessuale dichiarata. Sino a pochi anni fa la gestione di questi casi era affidata a tutti i
pronto soccorsi, però non era stato definito un percorso assistenziale predefinito”.
Infine, come ha sottolineato Lenzi, il pronto soccorso ha soprattutto lo scopo di creare una rete con i Servizi sociali, con i Servizi psichiatrici,
con i restanti pronti soccorsi generali e con i Centri di accoglienza. Soprattutto deve offrire alla donna un percorso assistenziale non
frammentato, evitando di costringere la donna di raccontare più volte la sua vicenda o di dover subire più volte accertamenti o interventi. Deve essere garantita l’integrazione fra l’intervento medico e l’intervento medico-legale. La donna che si rivolge al Centro deve in primo luogo avere un’accoglienza adeguata. Questo significa avere operatori formati in questo
senso e avere soprattutto un atteggiamento di accoglienza che in quel momento non può essere giudicante. Non è compito degli operatori sanitari -ha precisato la Lenzi -sottolinevalutare la veridicità o congruità di
quello che la donna riporta, questo è compito della Magistratura eventualmente o delle Forze dell’Ordine. Un altro aspetto importante, evidenziato nell’intervento, è che all’interno del Centro si devono dare alla donna risposte che non sono solo di ordine sanitario, ma che spesso sono anche di ordine sociale. Da qui l’importanza di una rete di contatti e di servizi che va oltre al pronto soccorso.
Infine Marinella Lenzi si è soffermata ancora sul problema fondamentale della formazione degli operatori, sulla definizione di un protocollo di intervento, e sul progetto del pronto soccorso unico.