Gli italiani sono un popolo felice nel privato, ma impaurito, spaventato, insicuro nel pubblico; e non solo perchè quasi 9 su 10 vedono che la criminalità è aumentata e che (1 su 2) le cose sono peggiorate anche nella propria zona di residenza.

Ma perchè temono la distruzione dell’ambiente, hanno paura per il futuro dei figli, hanno ancora paura di possibili atti terroristici. E poi temono per la sicurezza dei cibi che mangiamo, ma anche di non avere abbastanza soldi per vivere.
Insomma, un paese certamente sfiduciato e in ansia, seppur tutto sommato contento quando è nelle mura di casa, ma con una percezione di insicurezza sostenuta da numerosi parametri e che, per la prima volta, vede la preoccupazione propagarsi anche fra i ‘giovanissimi’ e, ancor più, fra i 25 e i 34 anni d’età.
E’ questo il quadro che emerge dall’indagine curata dal sociologo Ilvo Diamanti per la Fondazione Unipolis (espressione del gruppo assicurativo-bancario Unipol) e presentata oggi a Bologna.

L’elemento di maggior rilievo che emerge dall’analisi elaborata dalla società Demos&Pi risiede proprio nella parziale confutazione di una tesi che si tende a dare quasi per scontata: cioe’ che sia innanzitutto la criminalita’ a generare inquietudine. Invece la percezione di insicurezza oggi e moltiplicata, ad ogni livello, dall’emergere di nuove fonti di incertezza, e nuovi rischi, per le persone: alla paura della cosiddetta criminalita’ si aggiunge oggi la paura di non avere o di perdere il lavoro e la pensione, di non avere abbasta soldi per vivere, la paura di problemi di salute.
L’indagine sul sentimento e sul significato di sicurezza in Italia presentata oggi a Bologna ha messo in evidenza anzitutto la crescita della ‘paura’ riferita alle diverse forme di criminalità: quasi 9 persone su dieci (il campione della ricerca era costituito da 1200 persone) pensano che la criminalità sia cresciuta, in Italia; più di 1 persona su 2 pensa che le cose siano peggiorate nella propria zona di residenza (51%, 17 punti percentuali in più rispetto al 2005).
Anche il rischio di vittimizzazione, nella percezione comune, si è ulteriormente allargato. In particolare, negli utlimi 24 mesi è cresciuto il timore di subire un furto in casa (dal 18 al 23%), la preoccupazione di essere vittima di uno scippo (dal 17 al 21%) o di una rapina (dal 13 al 19%).

Di fronte a questa escalation di paure, l’89% degli italiani chiede un aumento delle forze di polizia e l’86% una sorveglianza più attenza dei luoghi pubblici con l’uso di telecamere.

Aumenta nel frattempo la prevenzione con la “sicurezza fai-da-te”: il 32% degli italiani ha già installato un sistema antifurto, il 44% ha già provveduto a blindare porte e finestre; e – forse il dato più significativo – l’8,2% degli italiani (dati a ottobre 2007) ha acquistato un’arma a scopo difensivo.
C’è, dunque, la criminalità tra le paure degli italiani, ma si tratta di un fattore che, se messo a confronto diretto con altre fonti di insicurezza, tende a ridimensionarsi. Al primo posto nella graduatoria delle ‘paure’ c’è quella della distruzione dell’ambiente e della natura (58,3%); al secondo posto (46,4%) la paura per il futuro dei figli; quindi quella di atti terroristici; la sicurezza dei cibi che mangiamo; non avere abbastanza soldi per vivere; lo scoppio di nuove guerre nel mondo; i problemi di salute; la perdita o la mancanza di una pensione; la globalizzazione; la perdita del lavoro. Più giù compaiono la paura di un incidente stradale, la perdita dei propri risparmi, il rischio di nuove epidemie e solo dopo la paura di un furto in casa, di uno scippo, di una truffa o di una aggressione.
Una sicurezza – o ‘insicurezza’ – dunque, a due facce: quella di ordine pubblico e quella più “sociale” ma che messe insieme tracciano il profilo di una sindrome che sembra attanagliare la societa’ italiana e che per la prima volta, come ha sottolineato Ilvo Diamanti illustrando la ricerca insieme a Fabio Bordignon – alla presenza del presidente di Unipol Pierluigi Stefanini e del presidente di Unipoli Eneas Mazzoli – non risparmia nemmeno le giovani generazioni.