Questa mattina i rappresentanti delle Istituzioni, delle Forze dell’Ordine e delle Associazioni di volontariato coinvolte hanno firmato il Protocollo Operativo Interistituzionale, valido per il Distretto di Modena, per il sostegno e l’accoglienza delle donne che hanno subito violenza. Il Protocollo stabilisce compiti, ruoli e modalità operative di ciascuno dei diversi soggetti che intervengono in caso di violenza alle donne: dai servizi sociali ai servizi sanitari; dalle forze dell’ordine fino alle associazioni di volontariato che solitamente sono coinvolte appena cessata l’emergenza.

L’accordo è stato siglato dal sindaco di Modena Giorgio Pighi, dal Questore Elio Graziano, dal Comandante provinciale dei Carabinieri Marco Rizzo, dal Direttore dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Stefano Cencetti, dal Direttore dell’Azienda Usl Giuseppe Caroli e dal direttore del Distretto 3 dell’Ausl Silvana Borsari. Per le associazioni hanno firmato Carla Raimondi presidente dell’Associazione Casa delle donne contro la violenza, il Presidente dell’Associazione AMA don Domenico Malmusi e la coordinatrice dell’Associazione Donne e Giustizia Vanna Tori. Sarà presente anche il vice Prefetto Mario Ventura.

I presupposti. Il primo passo importante lo si era fatto a marzo scorso con il “Protocollo d’intesa per la promozione di strategie condivise finalizzate alla prevenzione e al contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne” che aveva avuto un precedente di rilievo nel Protocollo per la difesa e la tutela dei minori. Quel primo accordo, guidato dalla Prefettura, ha coinvolto a livello provinciale Forze dell’Ordine, Comuni, Asl e Associazioni femminili e ha dato l’input all’azione dei singoli distretti. Ad ottobre, per il Distretto di Modena, si è quindi arrivati al corso di formazione per operatori promosso dall’Assessorato Pari Opportunità del Comune e dal Distretto 3 dell’Ausl. “Un momento particolarmente importante – sottolinea l’assessore alle Pari Opportunità, Simona Arletti – in cui i rappresentanti dei servizi sociali e sanitari, delle forze dell’ordine e dei volontari delle associazioni hanno condiviso le loro pratiche di lavoro per arrivare a definire il Protocollo operativo, che è una sorta di manuale di chi fa cosa in ogni momento dell’accoglienza e del sostegno sociale, terapeutico e giuridico alle vittime di violenza”.
I contenuti. Innanzitutto, l’intesa che regola l’accoglienza della donna e dei minori vittime, coniuga la violenza in: violenza sessuale, maltrattamento fisico (vi si fa riferimento a qualsiasi tipo di violenza fisica e di intimidazione), economico che intende cioè limitare l’indipendenza economica delle donne (vi rientra anche il mancato pagamento degli assegni di mantenimento, come pure la non condivisione di decisioni che riguardano il bilancio familiare) e psicologico (dalla svalorizzazione all’eccessiva attribuzione di responsabilità. al comportamento persecutorio noto come stalking). In secondo, luogo, il Protocollo descrive la rete a tutela delle donne e dei minori, assegnando a ciascun soggetto compiti specifici. Prerogativa dell’assistente sociale è, per esempio, riconoscere la situazione di violenza attraverso il colloquio non giudicante capace di stimolare la fiducia della donna nella possibilità di uscirne e formulare un progetto di sostegno o di allontanamento della donna in casi d’emergenza. Oltre a esami clinici e certificati medici, l’ascolto, la conoscenza e motivazione al cambiamento sono anche tra i compiti dei sanitari che possono entrare a contatto con le vittime al pronto soccorso, in ambulanza, in consultorio, presso i servizi di salute mentale o nell’ambulatorio del medico di famiglia o del pediatra. Il Protocollo si sofferma a lungo sui compiti delle Forze dell’ordine, primo anello di un possibile percorso di uscita dalla violenza, differenziandoli in base al tipo di contatto che si ha con le vittime: al telefono, in casa durante una situazione di emergenza, al Comando di Polizia o al Posto di Polizia dove il colloquio con la donna dovrà svolgersi in un ambiente riservato e possibilmente condotto da un agente donna. Le Forze dell’Ordine, che per le vittime sono anche un importante fonte di informazione circa i servizi e le associazioni da cui poter avere sostegno, elaborano anche un piano di sicurezza per la donna e il minore all’interno della famiglia. Infine, alle associazioni spetta, soprattutto, il compito di aiutare le donne a decidere di uscire dalla spirale della violenza attraverso un’azione legale, l’assistenza legale viene offerta dall’Associazione Donne e Giustizia, o altri percorsi come quelli proposti dalla Casa delle Donne o da AMA.
Prossimi passi.
Prassi di comportamento nelle situazioni di emergenza e prevenzione della violenza fin dall’età della formazione scolastica sono i versanti su cui si applicherà il gruppo di lavoro nel prossimo futuro. Mentre già il 18 gennaio 2008 si svolgerà a Modena un corso internazionale della durata di tre giorni, coordinato dall’Università di Modena e Reggio Emilia, sullo stalking, l’atteggiamento persecutorio ripetuto.

I dati. Anche nella nostra città, come nel resto del territorio nazionale, il fenomeno della violenza alle donne è un problema aperto e addirittura in aumento. Nel 2006, 14 donne si sono rivolte alla Questura di Modena per denunciare episodi di violenza sessuale, altre 125 per lesioni e percosse. L’anno precedente erano state 12 le violenze sessuali denunciate, 120 le denunce di lesioni e percosse. Ma secondo un’indagine dell’Istat svolta a livello nazionale nel 2006, il 53% delle donne che ha subito violenza non ne parla con nessuno, quelle che rimangono più sommerse sono le violenze subite in famiglia. L’indagine stima che solo il 7,3% delle donne che hanno subito violenza dal partner denuncia il fatto. Senza contare i casi di stalking, i comportamenti persecutori ripetuti spesso ad opera dall’ex marito o fidanzato, non di rado associati a violenze fisiche. Secondo una ricerca promossa dalla Regione Emilia-Romagna e dai Centri Antiviolenza del territorio, nel 2005, rispetto al 2000, quasi tutte le forme di violenza alle donne sono aumentate di circa 10 punti percentuali. Sono state 1.419 le donne accolte nei Centri antiviolenza della regione nel 2005, la maggior parte di loro sono italiane (63%), coniugate o conviventi (60%), hanno un’età compresa tra i 30 e i 39 anni e hanno figli (80%) in grande maggioranza minorenni. La maggior parte dei loro aggressori (80%) sono i partner o gli ex partner. Nel Centro antiviolenza di Modena, punto di riferimento per tutta la Provincia, lo scorso anno sono state accolte 110 donne che avevano subito episodi di violenza in famiglia. Sono 350 le consulenze legali e psicologiche fornite dall’Associazione Donne e Giustizia.