Un welfare di qualità, ma chiuso e iniquo: chi è fuori è fuori, chi è dentro è dentro.
È il giudizio della Cisl di Modena sul welfare locale, in particolare sull’insieme dei servizi sociali erogati alla popolazione anziana non autosufficiente.

Sull’argomento la Cisl, che ha costituito un Osservatorio sull’equità, ha commissionato una ricerca intitolata “Primo rapporto sull’equità del welfare modenese”. I risultati sono stati presentati oggi in un convegno che la Cisl ha organizzato a Mirandola in occasione dell’apertura della nuova sede, che si trova in via Bernardi 19 (area ex zuccherificio).

«Dalla nostra ricerca emerge che il welfare modenese ha un’elevata qualità e sostenibilità, ma è carente rispetto ai valori di giustizia e comunità – ha detto il segretario provinciale della Cisl Francesco Falcone – Chi ha la fortuna di essere dentro la rete dei servizi è tutelato nel tempo e nel livello delle prestazioni. Coloro che sono esclusi, invece, faticano a entrare e faticheranno sempre più».

Uno dei problemi evidenziati dalla Cisl è che mancano 700 posti letto nelle strutture residenziali.
«Sono quelli che servono per arrivare a un’offerta complessiva provinciale di 2.720 posti letto, che garantirebbe l’obiettivo del 4 per cento degli ultra 75 enni concordato tra Regione e parti sociali. Oggi, invece, – ha denunciato Pietro Pifferi, segretario provinciale del sindacato pensionati Fnp-Cisl – si arriva appena al 3 per cento, e nemmeno in tutti i distretti».

La Fnp osserva che nella nostra provincia per ogni tre posti letto in rsa e casa protetta ci sono due anziani assistiti a domicilio o in centro diurno. Il sindacato di Palazzo Europa chiede che il servizio sia potenziato fino ad arrivare al rapporto di uno a uno: un posto letto in residenziale per ogni utente in domiciliare. Sul costo annuale dei servizi, che secondo la ricerca si attesta intorno ai 25 mila euro a persona (media provinciale), la Cisl si domanda perché qualche distretto spenda meno (per esempio Carpi ha una media di 22.700 euro a utente) e qualcun altro di più (Mirandola ha un costo per utente di 28.300 euro). Una delle spiegazioni potrebbe risiedere nel rapporto tra ore lavorate nei servizi e relative attività amministrative. Ci sono distretti virtuosi come Castelfranco (dodici ore di procedure amministrative ogni cento ore di servizi) e altri più macchinosi (Mirandola e Sassuolo sfiorano le diciannove ore di burocrazia).

In sostanza la ricerca della Cisl rivela che nella nostra provincia esistono modelli differenti per l’assistenza degli anziani non autosufficienti. Ciò è dovuto anche all’ampia discrezionalità assegnata agli operatori sociali che decidono modalità e destinatari dell’intervento. Questo aspetto emerge chiaramente nell’analisi dei servizi di assistenza domiciliare.

«C’è un intento generale di contenere la domanda perché l’offerta pubblica è sottodimensionata – ha affermato Pifferi – Nell’accesso ai servizi, invece, risulta uno scarso utilizzo di sistemi standardizzati di valutazione basati su indicatori e punteggi. Inoltre i criteri sono diversi da distretto a distretto». Questo avviene anche nella compartecipazione degli utenti al costo dei servizi. I Comuni di Carpi e Pavullo non adottano l’Isee (Indicatore della situazione economica equivalente), pur essendo prevista dalla normativa nazionale e regionale. Mancano informazioni precise sui costi di produzione del servizio e non si capisce bene come viene individuata la soglia minima di esonero, cioè il reddito al di sotto del quale l’utente non paga il servizio.
«L’altro problema è che il sad (servizio assistenza domiciliare) ha ancora come destinatario il singolo anziano e non la famiglia nella quale egli vive, che va invece considerata la vera destinataria dell’intervento – ha sottolineato il segretario della Fnp – Ciò significa ampliare le competenze, le attività e il carico di lavoro degli operatori, quindi anche l‘organizzazione e il costo dei servizi».
Come fare in tempi di risorse pubbliche sempre più limitate? Per la Cisl più famiglia nel sad permetterebbe di considerare il nucleo familiare nella determinazione della condizione economica e nella definizione delle tariffe dei servizi. «Se vogliamo essere davvero innovativi ed equi dobbiamo calcolare anche il reddito dei figli non conviventi con l’anziano assistito. In sostanza dobbiamo estendere l’Isee ai nuclei familiari dei figli, che siano o no conviventi con il genitore», ha concluso il segretario provinciale della Cisl Francesco Falcone.