Torna al Teatro delle Passioni (da oggi al 12 aprile alle 21) un regista molto amato dal pubblico modenese come Cesare Lievi che ha tradotto e diretto con stile calibratissimo un testo del controverso drammaturgo tedesco Botho Strauss.
L’una e l’altra, commedia scritta nel 2005, ha al suo centro due donne i cui destini si incrociano in maniera tanto curiosa quanto crudele. Quella più giovane (Lissie) ha rubato il marito all’altra (Insa) che è rimasta sola con una figlia e per vivere gestisce una pensione ricavata dalla propria casa. Lissie ha avuto un figlio poco dopo dallo stesso uomo, che poi se n’è andato. Quello che fa rincontare le due donne è la stessa condizione di solitudine e bisogno complicata dall’incontro e dalla successiva frequentazione in odor di incesto dei figli, condannando così la madri a una nuova impotenza. L’una e l’altra è un lavoro di ingannevole semplicità d’azione e angosciosa spietatezza, immerso nella scenografia di Margherita Palli che ricrea uno spazio mentale, una terra di nessuno in continua mutazione. I due personaggi femminili sono segnati da una diversità psicologica ed emotiva che potrebbe rappresentare due ideologie o forse solamente due aspetti diversi del femminile. Sicuramente il testo è ambiguo e gioca su più piani, complicato da presenze e fantasmi delle due protagoniste che svelano debolezze, intransigenze, furori e tenerezze interpretate dalle formidabili Paola Mannoni e Ludovica Modugno con sensibilità e sfaccettature.
Botho Strauss, nato a Naumburg nel 1944, è uno degli autori più significativi del teatro tedesco contemporaneo, rappresentante di una drammaturgia che eleva a sintesi della solitudine collettiva il disagio dell’artista nei confronti delle strutture classiche del racconto e che, soprattutto attraverso la lucidità del linguaggio usato dai suoi personaggi, tende alla scoperta di un nuovo romanticismo “della disillusione”. Per anni è stato l’illuminato dramaturg di grandi registi ai tempi più gloriosi della Schaubüne berlinese, Strauss non ha mai smesso di essere autore di raffinate analisi sceniche delle anomalie della vita.
Tema centrale della sua opera è la frustrazione del desiderio di contatto umano a causa di una nevrotica incapacità di comunicazione. Questo elemento si realizza nei primi drammi grazie a una vena grottesco-surreale che sovrappone psicoanalisi e letteratura di consumo: Gli ipocondriaci (1972), Volti noti, sentimenti misti (1974). Con Trilogia del rivedersi (1976), Kalldewey : farsa (1981), e Il parco (1983), il mondo poetico di Strauss acquista maggiore concretezza psicologica. Il linguaggio si fa ricco di sfumature e allusioni letterarie.
Altri romanzi e racconti sviluppano in variazioni sempre nuove la perdita di un rapporto significativo con la realtà, che coincide con la dissoluzione della propria identità: La sorella di Marlene (1975), La dedica (1977), Rumore (1980), Coppie, passanti (1981).
Scritta nel 1989, Il Tempo e la Stanza può essere vista come la summa dell’esperienza teatrale di Strauss, depositaria dei temi essenziali della sua poetica: le nevrosi dell’uomo moderno, l’incomprensibilità delle regole del mondo, la vana ricerca di se stessi, l’isolamento e lo smarrimento del singolo.