Se ne parla ancora troppo poco, ma è bene che i cittadini sappiano quali drammatici guasti rischiano di provocare i tagli contenuti nei recenti
provvedimenti legislativi che modificano in modo sostanziale il Servizio Sanitario pubblico in una logica tesa a ridurli e a favorirne la privatizzazione. In gioco c’è il diritto universale alla salute, che la Costituzione garantisce a tutti indipendentemente dalla condizione economica e sociale.


Il sottofinanziamento del Fondo per il Servizio sanitario nazionale (9 miliardi di euro in meno nel 2009, 12 in meno nel 2010) sta cominciando a
produrre una contrazione nella risposta pubblica, perciò è bene sapere, ad esempio, che l’allungamento dei tempi di attesa per le visite
specialistiche (che sta di nuovo manifestandosi), non dipende dalla cattiva volontà degli operatori, ma da una riduzione delle risorse a disposizione,
che si traduce in meno personale in servizio.
Il Patto per la Salute (sottoscritto con la Regione nella precedente legislatura) è stato fortemente ridimensionato, e questo costringerà le
Regioni a far fronte con risorse proprie all’implementazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) a tutti i cittadini.
L’Emilia-Romagna continua, ad esempio, a garantire il dentista alle fasce economicamente svantaggiate, ma al momento, non possono partire per mancanza di risorse nazionali, progetti quali, la fornitura di ausili ai
malati tetraparaplegici, il parto indolore, la maggiore assistenza ai malati cronici (a cominciare dai malati di Alzheimer), la fornitura di apparecchi ai sordomuti, l’assistenza sanitaria ai cittadini colpiti da malattie rare, la fornitura di ausili informatici ai disabili, il potenziamento dell’assistenza a domicilio ai malati terminali, il vaccino alle adolescenti contro il papilloma virus (tumore dell’utero).
Perdipiù il ministro del Welfare ha in animo di ritoccare ulteriormente al ribasso gli attuali livelli di assistenza (togliendo prestazioni radiologiche e analisi del sangue).
Ma così si riduce l’assistenza, non gli sprechi !!

E’ bene precisare che la spesa dell’Italia per la sanità è assolutamente in linea con quella degli altri paesi europei e, certamente nella nostra
regione, produce servizi adeguati. La soluzione agli sprechi non è nella privatizzazione degli ospedali e delle strutture sanitarie, che ad avviso del sindacato aprirebbe la via a pericolose disuguaglianze sociali colpendo i ceti sociali più deboli (precari, lavoratori in cassa integrazione, pensionati) che non possono permettersi di pagare qualunque prezzo per accedere alle prestazioni sanitarie, se erogate dal privato.
Si dovrebbe invece qualificare meglio la spesa pubblica, intensificando i controlli per evitare le truffe al sistema sanitario (scoperti 60 miliardi
di euro solo nel 2008) e per contrastare le tangenti nel sistema degli appalti, ma anche riducendo le consulenze e gli incarichi dirigenziali
proliferati a dismisura.
Alle nostre Aziende sanitarie chiediamo il rafforzamento delle dimissione protette per consentire agli ospdeali di concentrarsi sulla cura dei malati acuti e al tempo stesso accompagnare il paziente dimesso, la reinternalizzazione dei cosidetti servizi “core” (sterilizzazione ferri,
barellaggio), il potenziamento degli interventi a domicilio dei medici di base per patologie comuni (sfruttando la possibilità di riunirsi in associazione).

La Cgil non difenderà mai i ügfannulloniüh, fenomeno che danneggia innanzitutto i lavoratori seri, ed è stata in prima fila con le altre
organizzazioni sindacali, Cisl e Uil, per definire una piattaforma rivendicativa (sulla base del Memorandum firmato con il Governo Prodi) per
efficentare la pubblica amministrazione e razionalizzare la spesa, ma nessun confronto è mai partito.
Se un problema esiste nella rete assistenziale della provincia di Modena – che nonostante le riduzioni di questi anni continua a vantare servizi
qualificati – è proprio il sottodimensionamento dell’organico sia del personale sanitario-assistenziale ed ora anche di quello medico.
Innumerevoli ore di straordinario, due turni concentrati nella stessa giornata, ferie non godute, riposi anche dopo 14 giorni consecutivi (chi si farebbe operare da un medico che ha lavorato 13 giorni senza riposare?), 4.000 operatori precari in Regione che rischiano di non essere stabilizzati. Senza questi sanitari è a rischio, anche a Modena, la continuità di servizi fondamentali come il 118, le sale operatorie, le case di riposo, l’assistenza domiciliare, ecc…

Se a ciò si aggiungono i tagli generalizzati degli stipendi, dei fondi per la contrattazione decentrata e la mancanza di risorse utili a premiare meriti ed efficenza, la volontà di cancellare l’indennità della professione
inferimeristica nel contratto nazionale (con una decurtazione automatica del salario per contratto), è evidente come l’attacco ai lavoratori
pubblici (e alla loro rappresentanza sindacale) sia solo un alibi per smantellare il sistema di protezione sociale pubblico in vista di una
privatizzazione.
Per questo – per difendere il diritto alla salute di tutti e i diritti di chi lavora in sanità – la Fp/Cgil ha dichiarato lo sciopero generale – insieme ai metalmeccanici della Fiom – il prossimo 13 febbraio con manifestazione nazionale a Roma.

Massimo Tassinari, responsabile Fp/Cgil Sanità Modena