Lo scambiano per un ‘pirata’ della strada, lo linciano e lo riducono in fin di vita. L’uomo ora è fuori pericolo anche se resta ricoverato al reparto di neurologia subintensiva del Policlinico Gemelli di Roma. Una storia degli equivoci, secondo i parenti della vittima, con un finale tragico.

Giovedì scorso, il 9 aprile, racconta ‘la Repubblica’, G.G. stava tornando a casa dopo il lavoro a bordo della sua macchina. In via dell’Acqua Fredda, all’incrocio con via Boccea, si sente male. Una crisi ipoglicemica gli fa perdere il controllo dell’auto. E lo fa urtare contro un altro veicolo, la macchina si cappotta e va a sbattere contro altre vetture. Scatta una reazione a catena e l’incidente coinvolge in tutto 11 mezzi. La velocità era ridotta, i feriti sono tutti lievi, compreso G.G. che, però, poco lucido per il malore o forse impaurito per la reazione degli altri automobilisti, decide di incamminarsi verso casa.

”Mi sentivo morire – ha detto al fratello – volevo tornare a casa dalle mie bambine”. Ma nemmeno il tempo di allontanarsi e viene aggredito da alcune delle persone coinvolte nell’incidente. Pugni, calci, insulti. A cui si uniscono anche quelli di alcuni passanti. Lo accusano di essere un pirata, di aver tentato di scappare. E viene lasciato in terra con un trauma cerebrale per cui ha subito un intervento di quasi quattro ore. Lo ritrova la polizia e quando arriva al Gemelli è in fin di vita. Ma l’agonia non è finita.

Continua il giorno dopo quando giornali e televisioni parlano di un pirata della strada che ha causato un incidente in zona Boccea. A quel punto i parenti di G.G. decidono di raccontare la loro versione. ”Mio fratello è un ingegnere, un padre di famiglia con due bambine piccole, una bravissima persona – dice Corrado a ‘Repubblica’ – non ha mai preso una multa. Non è un pirata della strada, non sarebbe mai scappato. E se è successo tutto ciò è solo perché si è sentito male”. E le analisi del sangue a cui è stato sottoposto rivelano una anomalia glicemica, ma nessuna traccia né di alcol, né di droga. In compenso, per le botte, oltre a un trauma cranico, ha lividi sul viso, sulle braccia, sulla schiena.

”I giustizieri della strada – spiega la cognata – dovrebbero andare al Gemelli e guardare negli occhi lividi e gonfi il pirata giustiziato e spiegarci come e quando hanno deciso di credere che la giustizia che condanna la violenza si deve servire della violenza per trionfare e spiegare com’è possibile che un uomo venga pestato a morte solo perché a 1 km da casa ha avuto un malore”.


Fonte: Adnkronos