Granelli_5_ridL’anno che si sta chiudendo sconta duramente gli effetti della recessione, con una contrazione del Pil che caratterizza tutta Italia, mentre il 2010 evidenzierà un moderato recupero delle attività economiche, in vista della più marcata ripresa attesa nel biennio 2011–2012. Tendenze fotografate dai dati Prometeia che Confartigianato Emilia Romagna ha elaborato per trarne la situazione della regione.

Per il 2009 il Prodotto interno lordo dell’Emilia Romagna è stimato in 137.434 milioni di euro, in diminuzione rispetto al 2008 del -4,6%, dati che confermano le ripercussioni della crisi finanziaria sull’economia reale. Per quanto riguarda il 2010 la stima di crescita e del +0,9%, una contrazione decisa che, però, è in linea con il NordEst, -4,5%, e l’Italia, -4,9%. Il Pil della nostra regione continua ad incidere per il 39,1% sull’intero sistema del NordEst e per l’8,9% su quello nazionale; per quanto riguarda il Pil pro-capite, l’Emilia Romagna si mantiene su livelli nettamente superiori alla media nazionale, +23,7%, e sulla media del Nordest, +3,4%. La ripresa di investimenti e consumi è attesa per il 2010, nei prossimi mesi si dovrebbero parzialmente recuperare le perdite per poi migliorare ulteriormente dal 2011, grazie ad un complessivo rilancio dello scenario economico regionale e nazionale.

Le performance dei settori

In Emilia Romagna, secondo i dati elaborati da Confartigianato, la crisi economica ha colpito tutti i settori economici, ma non in misura omogenea. L’agricoltura ha subito un forte freno nelle prospettive di crescita, nel 2009 ha fatto segnare +1,8% ma nel medio periodo tenderò ad una flessione toccando -0,8% nel 2012. L’industria risente invece più degli altri comparti degli effetti della crisi con un eloquente -12,9% nel 2009; un dato risulta inferiore rispetto a quello del NordEst -12,6%, ma leggermente migliore del resto d’Italia -13,5%. Resiste alla crisi il comparto dei servizi, che perde il -1,7% con buone prospettive di ripresa future; anche per il settore delle costruzioni il 2009 è stato difficile con una perdita del -3,1%.

Import-export

Complessivamente l’Emilia Romagna presenta un saldo positivo e pari a 13.045 milioni di euro, con una maggiore incidenza, rispetto al NordEst, delle esportazioni piuttosto che delle importazioni. Già dal 2010, secondo le prospettive delineate dalle elaborazioni di Confartigianato, riprenderà il commercio con l’estero, soprattutto attraverso il canale delle esportazioni che si manterrà al di sopra della media italiana (+3,6% contro +3,2%). Le importazioni impiegheranno invece un altro anno a rafforzarsi, +1,8% nel 2011, rimanendo comunque meno vigorose rispetto al sistema Italia e nel NordEst.

Per quanto riguarda l’anno in corso si osserva un ampio rallentamento per entrambi gli indicatori dell’export e dell’import con il primo che risente maggiormente rispetto a secondo (-22,9% vs -13,7%).

Occupazione

I dati sull’incidenza del mercato del lavoro emiliano rispetto al NordEst e all’Italia vengono rivisti al ribasso rispetto alle precedenti rilevazioni. Il tasso di occupazione nel 2009 farà segnare un valore pari al 45,7%, in linea con la macrozona ma decisamente superiore al dato nazionale, rispettivamente pari al 44,6% e al 38,8%. Anche l’indice relativo alla disoccupazione presenta delle performance decisamente migliori rispetto al livello medio nazionale ( 3,7% vs 7,5%), leggermente meglio anche rispetto alla macroarea NordEst (3,9%). Di fatto il tasso di disoccupazione mostra un peggioramento, sia a livello regionale che nazionale, raggiungendo in Emilia Romagna il 4,9% nel 2010 e quindi stabilendosi sui quei livelli nei successivi due anni. Il tasso di occupazione, secondo i dati elaborati da Confartigianato, dovrebbe invece registrare nei prossimi tre anni valori ben più bassi dell’attuale 45,7%, attestandosi intorno al 45%; il tasso di attività manterrà all’incirca sui livelli attuali, al 47,4%.

Andamenti provinciali

Secondo i dati elaborati da Confartigianato Emilia Romagna rispetto a 2008 la provincia che ha sofferto di meno di questa situazione risulta Ferrara (-3,9%), che ha fatto da contrappeso ad alcune economie locali più in difficoltà, come quelle di Reggio Emilia (-5,9%) e Modena (-5,7%). Per il prossimo triennio si ipotizza una lenta ripresa, che in linea generale andrà ad attestarsi all’1,5%. La crescita sarà tendenzialmente uniforme in tutta l’Emilia Romagna, con leggero accento su Parma (+1,7%), Bologna (+1,6%) e Modena (+1,6%). Le altre provincie si attesteranno tra questi valori e quello più basso della provincia di Rimini (+1,0%).

La grave crisi ha determinato una leggera flessione anche nel reddito disponibile delle famiglie, che in questa regione ha quasi sempre avuto valori positivi; il calo medio è stato dello 0,3%. Reggio Emilia, che sembra essere la provincia più colpita, e Forlì-Cesena subiscono un calo dello 0,5%. Le previsioni per il prossimo triennio, benché riviste al ribasso rispetto alle precedenti, rimangono comunque positive con una stima media del 2,8%, che tenderà a essere geograficamente uniforme nei prossimi anni. Nel 2009 la diminuzione media dei consumi delle famiglie per abitante è stata dell’1,7%, la zona di Ferrara sarà quella che conoscerà la miglior ripresa di questo indice per i prossimi anni (+3,0%) mentre Reggio Emilia farà più fatica (1,6%).

Per quanto concerne l’import-esport non tutte le province presentano un saldo positivo: Parma e Ravenna mostrano rispettivamente deficit pari a 524 e 361 milioni di euro, Piacenza è sostanzialmente in pareggio, -3 milioni di euro. Le altre aree della regione, invece, registrano una situazione di avanzo commerciale, specie a Modena, Reggio Emilia e Bologna.

A livello provinciale il territorio che ha mantenuto nell’ultimo anno le migliori performance in quanto a volumi di esportazioni con l’estero è Piacenza, che ha visto una flessione di appena -4,4%. I dati di quest’anno spezzano quindi il trend degli anni passati che vedeva proprio nella provincia di Piacenza le variazioni annuali più basse dell’Emilia Romagna. Tuttavia, a differenza delle altre provincie, Piacenza sembra destinata a subire una forte riduzione del suo livello commerciale con l’estero per i prossimi tre anni (export -7,6% e import -10,5%). Per quanto riguarda i flussi di prodotti in entrata, la provincia più dipendente nell’ultimo periodo dai paesi stranieri è stata Bologna nonostante il decremento del 17,1%, 3,4 punti percentuali in meno della media emiliana e romagnola. Le maggiori riduzioni si sono registrate a Ferrara e Ravenna, che però per volumi di scambio sono meno influenti di altre provincie sul saldo commerciale. Parma ha invece contribuito a frenare in parte il processo di decrescita, dal momento che la sua riduzione è stata nettamente inferiore alle altre grandi provincie (-5,9%).

Per quanto riguarda gli andamenti per il futuro triennio, si prevede una leggera ripresa di entrambi i flussi, in entrata e uscita. La bilancia commerciale rimarrà comunque in avanzo, con un incremento delle importazione dell’1,7% e dell’export del 3,9%.

L’evoluzione dell’occupazione nei singoli territori presenta rilevanti scostamenti rispetto alla media dell’Emilia Romagna che si attesterà attorno al valore del 45,7%, con valori massimi e minimi rispettivamente a Reggio Emilia 46,9% ed a Forlì-Cesena 43,5%; per il prossimo triennio tutte le provincie vedranno ridotti il numero di occupati rispetto alla popolazione. Anche per quanto riguarda il tasso di disoccupazione occorrono fare delle riflessioni in merito all’impatto della crisi sulla struttura occupazionale, il tasso è peggiorato dello 0,5% rispetto 2008, e si amplierà nel prossimo triennio, fino a raggiungere il 4,8% complessivo. Questa situazione si ripresenta in tutte le province emiliane e romagnole, con differenze tra i territori provinciali: Bologna e Reggio Emilia (2,9% e 2,6% nel 2009 e previsione a 4,0% e 3,2%) continueranno a mostrare performance migliori rispetto ad altre aree, quali Rimini e Ferrara (5,6% e 5,7%, in peggioramento nel 2012 fino al 6,6% e 7,4%).

Dichiarazione del Presidente Regionale Marco Granelli

“L’andamento poco positivo della nostra economia regionale era stato chiaramente fotografato dalla nostra indagine congiunturale di qualche mese fa, i dati di consuntivo non fanno che confermare l’impatto significativo che la crisi ha avuto anche su un tessuto economico, un tempo sano e ricco, come il nostro.

Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo: questa crisi rischia di trasformare profondamente tutto il tessuto economico dell’Emilia Romagna. Lo andiamo ripetendo ad ogni incontro e riunione con le istituzioni e proprio a loro ci appelliamo affinché ci aiutino a non disperdere il patrimonio che artigiani e piccole e medie imprese rappresentano. Le proiezioni ci annunciano un 2010 ancora difficile ma con i primi segnali di crescita, nelle prossime settimane dobbiamo lavorare agli strumenti che ci permettano di sostenere questa ripresa. Dobbiamo lavorare perché alle aziende non manchi l’ossigeno del credito, anche in un’ottica di allungamento dei pagamenti che rischia di strangolare imprese che storicamente sono poco capitalizzate. La Regione ci è stata vicino sostenendo il sistema dei Confidi e ci sono i positivi esempi degli accordi che hanno avvicinato le esigenze di banche e imprese riducendo il costo del denaro.

Anche le dinamiche dell’occupazione e del tasso di attività, seguono ormai un trend che risente fortemente della crisi, i dati lo dimostrano. Ciò che avverrà nei prossimi anni dipenderà dall’andamento economico nazionale ma anche dalle politiche che verranno attuate in questo campo. Alla regione chiediamo di continuare su un cammino intrapreso, al governo di rivedere gli studi di settore, uno strumento che in molti casi si rivela punitivo per le nostre imprese. Non vogliamo sia dato spazio a chi evade il fisco ma che sia consentito alle piccole imprese di lavorare senza l’assillo di parametri che non si accordano con la realtà. Sono misure che devono servire a salvaguardare un tessuto di artigiani e piccole imprese che rappresentano un bene che non va dissipato, per garantire la tenuta del sistema economico e assicurare il lavoro a decine di migliaia di persone, totalmente escluse dagli ammortizzatori sociali garantiti alle grandi imprese”.