Il festival TraMonti propone in questa edizione 2010 non solo musica e sonorità provenienti da diversi paesi del mondo ma anche interessanti incontri con gli autori che dell’Appennino reggiano hanno scritto e portato importanti testimonianze. E’ il caso di Giovanni Lindo Ferretti che lunedì 2 agosto alle ore 21 in piazza della Luna a Castelnovo ne’ Monti presenterà il suo nuovo libro “Bella gente d’Appennino” edito da Mondadori nel 2009.

“All’origine di tutto ciò che posseggo c’è l’alfabeto. L’abbecedario su cui imparai a scrivere e leggere: A come albero, B come barca, C come casa, D come dono… dono e destino. Appena prima avevo imparato a tracciare, con mano sicura, gesti antichi: aste, croci, tondi, quadri. Segni e simboli. La parola scritta, la lettura sillabante, lo studio. Sapere e fare. Ricchezza del conversare. Non ho speso bene i miei giorni. Molti li ho sciupati, di molti sono stato spettatore. Troppi li ho macerati, estenuanti, in una sequela di tensioni senza soddisfazione; in guerra con tutto e con me stesso. Me ne sono liberato, a volte con fatica sempre con sollievo”.

Comincia così il nuovo libro di Giovanni Lindo Ferretti, ex cantante di CCCP prima, CSI poi e infine P.G.R., tutte sigle che significano molto per il popolo del rock, specialmente di sinistra, italiano.

Se “Reduce”, il suo esordio letterario, era frutto di un’urgenza, quella di raccontare il suo cambiamento da paladino rock di una rivoluzione impossibile, a eremita convertito, urgenza che si tramutava in una prosa al limite della poesia e della provocazione, questo “Bella gente d’Appennino” è una vera e propria storia. La sua, e quella della sua famiglia, dei suoi antenati, dei suoi compaesani, lassù sulle montagne dell’Appennino da dove proviene questa “bella gente”.

Diviso in capitoli ognuno dedicato a una lettera dell’alfabeto (“D come dimora”; “C come cavallante”; “I come incarnazione”; ecc.), Ferretti si dilunga inizialmente raccontando le gesta quotidiane della sua famiglia, gente cresciuta in povertà, costretta a emigrare spesso in America, il loro ritorno a casa, i valori forti con cui queste persone si sono confrontate, quelli di un’etica basata su lavoro, sacrifico e fede.

Lavori umili, amori sinceri, passioni forti, ad esempio lo zio Archimede cacciatore di orsi in Alaska e morto sbranato proprio da un orso. Ma anche gli animali, i cavalli di cui Ferretti è tutt’oggi grande appassionato e allevatore: “Se sarà la bellezza a salvare l’uomo, l’uomo salverà il cavallo” dice a un certo punto. “L’idea stessa della bellezza e della proporzione riveste, nella nostra civiltà, le forme dell’uomo e le forme del cavallo: lo certifica la storia dell’arte”.

In mezzo le riflessioni di un’esistenza travagliata, la sua, quella di ultimo discendente che aveva tagliato tutti i ponti con la sua stirpe: “Mi sento così stupido, così male, per essere stato complice di una ideologia che distrugge tutto ciò che sono e che amo; ah sì, lo fa per il bene dell’uomo”.

Arrampicato sulle sue montagne, Ferretti vuole essere un profeta dei tempi moderni, un moralista come lo erano i profeti della Bibbia, e perciò è profondamente umano e coinvolto con il suo essere uomo di carne: “Eppure l’uomo nasce e affonda in un mistero che lo nutre e lo avvolge, lo attrae e lo respinge. Lo sovrasta”.

Ragionevolezza, riconoscenza della realtà, e scelta di vita: “Io, come bambino, perché non si finisce mai di crescere finché si muore, ascolto, volto alla Cattedra di Pietro, il Santo Padre in quello che è suo carisma e sua missione: essere sigillo, garante della Tradizione, presenza dell’Incarnazione”.

La rassegna s’inserisce nelle attività di valorizzazione del territorio della Biennale del Paesaggio ed è organizzata dalla Provincia di Reggio Emilia in collaborazione con la Regione Emilia Romagna, Ater – Associazione Teatrale Emilia Romagna, la Comunità Montana dell’Appennino Reggiano, l’Unione dei Comuni dell’Alto Appennino Reggiano e il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano.

Tutte le informazioni sono reperibili sul sito della Biennale del Paesaggio