Il voto del Senato della Repubblica di approvazione del testo della legge di riforma universitaria – al di là e oltre i giudizi che ogni parte politica o componente sociale ha espresso od esprimerà –mette un punto fermo in un dibattito ed un confronto che dura da diversi anni e che ruota attorno al tema della modernizzazione del sistema universitario italiano.
Le novità del testo licenziato dal Parlamento toccano, fondamentalmente, aspetti gestionali, che cercano di snellire i processi decisionali, semplificando l’organizzazione e restituendo precise responsabilità agli organi: Rettore, Senato Accademico, Consiglio di Amministrazione, Direttore Generale.
Interviene inoltre sulla promozione e selezione del mondo accademico, individuando procedure che – nelle intenzioni – vorrebbero avvicinarci ai sistemi adottati dai più efficienti sistemi universitari stranieri.
Il nodo vero è però quello del finanziamento del sistema universitario. Da almeno 10 anni, dalla riforma Zecchino della didattica, che concedeva alle Università autonomia ma senza risorse, l’Università italiana attende che sul piatto siano messi i necessari finanziamenti per consentirgli di rilanciarsi e di poter programmare responsabilmente il suo sviluppo ed il suo futuro, che – in definitiva – è quello di centinaia di migliaia di giovani che ogni anno si immatricolano in Italia.
La debolezza dell’impianto della legge è che all’annuncio di una <riforma> per tanti aspetti condivisibile, ancora una volta si rinvia l’erogazione delle indispensabili risorse alla emanazione di numerosi decreti attuativi, che dovrebbero giungere in porto – secondo le dichiarazioni contenute nella legge – entro sei mesi. Questo penalizza soprattutto chi come noi si è adoperato in questi anni per autoriformarsi e modernizzarsi, migliorando la propria efficienza.
I precedenti fanno molto dubitare che i tempi saranno rispettati. Il rischio che mi sento di paventare è che ci si infili in altrettante discussioni improduttive che potrebbero diventare soffocanti per gli Atenei che non possono contare sulla mobilitazione ed il soccorso delle istituzioni locali e del territorio. Il principio della meritocrazia, della premialità della qualità didattica e della ricerca nella distribuzione delle risorse è condivisibile. Ma, se per gli Atenei con i conti in ordine non arrivano, e presto, le risorse non si riuscirà a chiudere l’anno 2011 ed a mantenere gli impegni con gli studenti e le famiglie.
Ora che la <riforma> è legge occorre scommettere sul fatto che l’innovazione è la chiave del successo e l’innovazione – come ha riconosciuto la Regione Emilia Romagna attraverso la creazione dei Tecnopoli – nasce dalla ricerca prevalentemente, o quasi esclusivamente, condotta nelle università e nasce anche da un’efficace triangolazione tra docenti, studenti e aziende.
Vanno, dunque, trovati i fondi per investire di più nell’università e per premiare le vere eccellenze.
L’Ateneo di Modena e Reggio Emilia è pronto a raccogliere la sfida ed ha già, nelle sue linee principali, elaborato un nuovo Statuto per recepire tutte le novità organizzativo-gestionali. Non ci saranno, quindi, problemi nel rispettare i tempi dettati dalla legge e dotarsi del nuovo statuto entro 6 mesi. Ci attendiamo che il nostro sforzo sia accompagnato dal riconoscimento che il processo avviato all’inizio del mio mandato trovi sostegno da parte del ministero e delle altre istituzioni regionali e locali. Ci attendiamo anche che gli studenti vengano maggiormente ascoltati e sia garantito con finanziamenti appropriati alle necessità il diritto allo studio per gli studenti migliori.
(IL RETTORE, Prof. Aldo Tomasi)