Mancano ancora alcuni giorni al termine del 2010 ma, grazie alla lunga serie meteo-climatica ed alla continuità delle misure dell’Osservatorio Geofisico del Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e dell’Ambiente dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, i meteorologi modenesi sono già in grado di stabilire che il 2010, per la città della Ghirlandina, è stato l’anno più piovoso dal 1901.

Si vanno così ad arricchire le statistiche degli “eventi estremi a ripetizione”, così li definisce l’esperto Luca Lombroso dell’Osservatorio Geofisico universitario, “che si verificano in questo periodo, caratterizzato da evidenti cambiamenti climatici”.

Il 2010, infatti, risulta, per Modena, l’anno più piovoso dal 1901: dall’inizio dell’anno il pluviometro, posto presso il torrione est del Palazzo Ducale, in funzione ininterrotta, naturalmente con i dovuti aggiornamenti tecnologici, dal 1830, ha raccolto la bellezza di 921 mm di pioggia (o neve fusa), oltre 300 mm sopra al riferimento climatico (gli esperti considerano come valore statistico significativo l’arco di un trentennio) del 1971-2000, che è stato di 617.2 mm. Nell’anno che sta per finire si sono superati anche alcuni anni piovosi recenti come il 2005 (882.5 mm) e il 2000 (916.7), nonché i 911.1 mm del 1972. Per trovare un anno più piovoso bisogna risalire appunto al 1901 quando le precipitazioni totali assommarono a 1017.2 mm. Per i curiosi delle statistiche, l’anno modenese più piovoso fu il 1839 con 1153.3 mm, mentre nel complesso sono solo 9 gli anni risultati più piovosi del 2010, tutti – ad eccezione del 1901 – nel XIX secolo. Notevole anche il numero di giorni piovosi misurabili, 129, ovvero oltre un giorno su tre del 2010, anche se nel 2000 furono 137.

Mancano alcuni giorni a fine anno e può venire il dubbio che questo dato possa essere ritoccato: le previsioni però indicano, finalmente, tempo stabile negli ultimi giorni del 2010, con temperature basse, minime fra -2 e -5°C e massime sui +3, +5° C, ma sostanzialmente in linea o poco sotto le medie stagionali e non dovrebbero, nelle nostre zone, verificarsi altre precipitazioni. Al più, ci sarà da fare i conti con la nebbia che, nel caso, risulterà di tipo brinoso e porterà al deposito di “galaverna”, mentre, qualche velatura a parte, per la gioia degli sciatori splenderà il sole in montagna.

“Come commentare questo evento estremo? – afferma Luca Lombroso dell’ dell’Osservatorio Geofisico del Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e dell’Ambiente dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – Sono ormai venti anni che, personalmente e in Osservatorio, parliamo, annunciamo e commentiamo <eventi estremi>: a questo punto, è ovvio, non possiamo parlare più di eventi straordinari, eccezionali e forse neanche anomali. Stiamo vivendo una vera e propria accelerazione dei cambiamenti climatici che ci espone sempre di più a questi fenomeni e a vere e proprie sorprese a seguito dello squilibrio indotto da mari caldi, mancanza di ghiaccio polare, deforestazione, ed ovviamente riscaldamento globale, incluse, forse e per assurdo, le ondate di freddo, ma non mi addentro in questo campo che lascio agli addetti ai lavori”.

Di recente, Luca Lombroso, ha partecipato alla 16° conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, a Cancun nel corso della quale è stato trovato un importante accordo, anche se con scarsi obblighi vincolanti, sui temi di mitigazione, adattamento, finanziamenti e trasferimento tecnologico ai paesi in via di sviluppo.

“I risultati sono andati oltre le attese, – conclude Luca Lombroso – tutti gli Stati hanno riconosciuto, incluso i produttori di petrolio, l’inequivocabilità del global warming e la sua causa umana, nonché la necessità di forti riduzioni delle emissioni di gas serra. E’ stata riconosciuta anche l’importanza della ricerca e delle osservazioni climatiche, incluso il valore scientifico delle lunghe serie storiche meteo climatiche, incitando al loro recupero ed alla loro valorizzazione. Spero, ovviamente, che ciò sia di buon auspicio e sia colto dalla nostra città anche per quanto riguarda l’Osservatorio Geofisico della nostra Università”.