Asta deserta per la storica azienda bolognese Moto Morini fallita nel maggio scorso. Nessuna offerta è pervenuta fino al termine dell’asta fissata oggi presso il Tribunale di Bologna. Il prezzo base, comprensivo dell’immobile di Casalecchio di Reno (Bologna) era fissato a 5.5 milioni di euro. In alternativa c’era la possibilità di acquistare per 2.6 milioni di euro il solo complesso aziendale (senza la sede) con due anni di diritto d’uso, in comodato, dell’immobile.
”Ne prendiamo atto anche se oggi mi aspettavo che offerte arrivassero – ha detto Piero Aicardi, curatore fallimentare al termine dell’udienza – Da un mese e mezzo ho contatti con tre gruppi, due stranieri e uno italiano (tutti top secret, ndr), interessati all’acquisto e che mi hanno detto che per loro non e’ una questione di prezzo. Ora dicono di essere arrivati lunghi”, facendo intendere che potrebbero aver avuto un problema di disponibilita’ finanziaria. Le cordate interessate, che hanno detto di voler riprendere la produzione di moto mantenendo i lavoratori, avrebbero dovuto versare il 20% della base d’asta. ”Insomma, peccato! – ha continuato Aicardi – Continuo a pensare che qualcuna delle tre cordate potrebbe fare un’offerta presto”. In quel caso, ha aggiunto il curatore, non appena l’offerta sara’ depositata, ci sara’ una nuova asta.
Altrimenti? ”Valuteremo se fare un’asta a un prezzo piu’ basso, in fondo la legge ce lo consente, lo valuteremo. Ma prima dell’estate qualcosa si fara”’, ha assicurato. Aicardi ha infine ricordato che l’esercizio provvisorio dell’ultimo anno ha prodotto circa due milioni di incassi che ”mi permetteranno di pagare i crediti di tutti i dipendenti”. Aicardi a gennaio aveva anche fatto ripartire la produzione per realizzare a prezzi ribassati 45 nuove moto, assemblate con i pezzi rimasti in magazzino pemrettendo cosi’ di richiamare una parte dei lavoratori in cassa integrazione. Le moto sono state vendute in un paio di giorni.
E alla lettura del verbale nella Sala delle colonne del tribunale non mancavano le lavoratrici, un po’ amareggiate un po’ disilluse. ”Questa e’ stata la prima asta sulla vendita ma i presupposti perche’ andasse a vuoto, c’erano tutti – ha commentato Cristina Pattarozzi che segue la vertenza per la Fiom-Cgil – perche’ i possibili acquirenti avevano manifestato perplessita’ rispetto al prezzo d’asta. Non ho gli elementi per giudicarlo ma bisogna considerare che ai 5,5 milioni ne vanno aggiunti almeno tre o quattro per rilanciare l’azienda. Diventa un affare da quasi 10 milioni”.