(Labitalia) – Dopo l’uscita da Confindustria e gli accordi di Pomigliano e di Mirafiori, la disdetta da parte di Fiat di tutti gli accordi sindacali negli stabilimenti auto del Gruppo “era un passo atteso e coerente con quelle che sono state le strategie dell’azienda fino ad adesso, e cioè quelle di puntare su una contrattazione aziendale per il Gruppo come unico punto di riferimento per l’utilizzo del fattore lavoro”. Così il giuslavorista e pro-rettore dell’università Luiss di Roma, Roberto Pessi, commenta, con LABITALIA, la decisione di Fiat di inviare ai sindacati la disdetta di tutti gli accordi sindacali nei stabilimenti del Gruppo.

“E’ chiaro che il fatto che sia arrivata la disdetta in questo momento in cui c’è all’opera un nuovo governo -sottolinea Pessi- crea un problema all’esecutivo Monti. Non credo che in una fase in cui il governo vuole rilanciare la concertazione sociale esso possa restare neutro rispetto a questa vicenda. Su questo punto, quindi, un intervento di mediazione del governo -spiega il giuslavorista- probabilmente è auspicabile”. Secondo Pessi, serve “risentire le parti sociali insieme, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil insieme”.

“Il quadro normativo -sottolinea- va ricomposto, bisogna dare certezze a questa problematica della contrattazione collettiva aziendale. Quando noi tentavamo di entrare in Europa e poi ci riuscimmo -ricorda Pessi- mettemmo un caposaldo e fu il più importante e cioè l’accordo del 1993 sui livelli della contrattazione collettiva, sull’inflazione programmata e sui sistemi di contrattazione collettiva. Con il famoso protocollo Ciampi si è chiusa la vicenda della scala mobile e si è proiettata l’Italia verso il futuro. E’ fondamentale ritornare a quel clima di accordo tra le parti sociali: il tema della Fiat deve rientrare nell’agenda della concertazione sociale”. Secondo Pessi, nella disdetta di Fiat, “residuano alcune problematiche che vengono segnalate dalle stesse dichiarazioni della Fiom e che sono sostanzialmente tre”.

“La prima riguarda l’efficacia soggettiva generalizzata -spiega- dei contratti aziendali. E cioè i contratti aziendali vincolano tutti anche se firmati solo da alcune organizzazioni sindacali oppure esiste uno spazio per la mancata applicazione ai sindacati dissenzienti? Questo evidentemente è il primo interrogativo, che viene dalle decisioni assunte sul contratto collettivo nazionale dalla magistratura in Italia (Torino, Modena), proprio in riferimento al tema del dissenso”. Senza dimenticare l’articolo 8 della manovra d’agosto “su cui ci sarà un problema sull’interpretazione da parte della giurisprudenza, o sulla possibilità che lo stesso articolo sia rinviato alla Corte Costituzionale, ovvero che sia disapplicato per la parte relativa alla Fiat sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata, e cioè il giudice potrebbe interpretarla sì come incostituzionale ma che, per esempio, non vincola i dissenzienti”.

Il secondo problema, sottolinea Pessi, “riguarda la decorrenza della disdetta e il terzo problema è la possibile anti-sindacalità, visto che c’è sempre la possibilità di applicare l’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori sulla repressione della condotta antisindacale, se si ritenesse che l’azione della Fiat ha una condotta antisindacale nei confronti della Fiom”.