«L’accordo promosso da Rabboni e siglato tra alcuni fornitori di grano e il colosso della pasta Barilla è senza dubbio lodevole; – dichiara Stefano Cavalli, consigliere regionale della Lega Nord – si tratta di un accordo che accontenta tutti: i coltivatori emiliani e romagnoli, i quali dovranno preoccuparsi molto meno della volatilità del mercato e della agguerrita concorrenza dei grandi produttori mondiali (USA, Canada, Messico, Ucrania, Russia, Turchia e Kazakistan), che, ricordiamolo, usano spesso sementi OGM. Ci guadagnano anche i consumatori (italiani e non) di pasta italiana – aggiunge l’esponente del Carroccio – che potranno consumare pasta ottenuta da grano duro di alta qualità coltivato rispettando rigidi e severi disciplinari di produzione. Questo, – precisa Cavalli – almeno in teoria. Tutti questi sforzi, infatti, rischiano, nella pratica, di essere del tutto vani se non si introdurrà l’obbligo per i produttori di pasta a specificare la provenienza delle semole. Che fine farà la pasta prodotta con queste sementi di qualità? – si chiede il consigliere regionale – Finirà forse negli scaffali dei supermercati mischiata con quella ottenuta da grano kazako o messicano? Non serve essere esperti di marketing per intuire che se specificare la provenienza delle semole diventasse un obbligo, i produttori che si fregiano di produrre pasta “italiana di qualità” sarebbero incentivati, quasi constretti, ad adoperare solo grano italiano. Si registrerebbe, forse, un leggero aumento dei prezzi ma il guadagno, in termini economici per i produttori nostrani e in termini qualitativi per i consumatori, varrebbe senz’altro lo sforzo. Per queste ragioni – conclude Cavalli – ho presentato un’interrogazione con la quale sollecito la Giunta ad attivarsi nelle sedi competenti al fine di introdurre tale obbligo».