La Federazione di Modena di Rifondazione Comunista ribadisce la propria contrarietà al progetto del Comune di Modena di istituire una fondazione in cui far confluire i vari musei della città, e sosteniamo l’azione dei lavoratori e dei sindacati che criticano e contrastano la direzione intrapresa dall’Amministrazione.
Eravamo stati facili profeti quando contestando la nascita della onerosa Fondazione fotografia (2milioni di ? all’anno a carico della Fondazione cassa di risparmio di Modena, risorse che sono quindi sottratte ad altri investimenti pubblici) dicevamo che si avviava un percorso che si sarebbe presto allargato all’intero settore culturale.
La nostra critica muove dal considerare la cultura non un lusso ma un “bene comune” che, in quanto tale, non è privatizzabile. Perché ciò che la giunta non dice è che la fondazione ci porta verso l’aziendalizzazione della cultura, in cui oggi inserire i musei cittadini e domani collocare altri settori della cultura modenese. Si sta consegnando ai soci privati e “pagatori” della fondazione il potere di dettare le linee delle politiche culturali modenesi, con buona pace dei futuri assessori alla cultura che al massimo taglieranno qualche nastro di facciata alle inaugurazioni.
Entrando poi nel merito avanziamo le seguenti osservazioni critiche:
1. Contestiamo la scelta politica di fondo assunta dall’Amministrazione, che distorce i pur gravi vincoli imposti dal Governo piegandoli alla scelta politica di istituire una Fondazione non obbligatoria né necessaria. Condividiamo in tal senso la riflessione della sezione di Modena di Italia Nostra quando si domanda perché istituire un nuovo soggetto culturale privato che sostituisce il pubblico se l’obiettivo della fondazione è solo quello di raccogliere risorse private. Se queste risorse sono davvero disponibili, e soprattutto disinteressate, non possono essere attribuite direttamente alle istituzioni?
2. Ogni riorganizzazione dell’impiego dei lavoratori della cultura deve vedere in primo luogo il loro coinvolgimento attivo e la valorizzazione delle loro competenze. È pertanto inaccettabile ogni ipotesi che preveda il passaggio di dipendenti pubblici al settore privato senza il libero e sereno assenso dei singoli lavoratori interessati.
3. Deve essere chiaro che in gioco non ci sono solo i legittimi interessi dei lavoratori della cultura di oggi, ma soprattutto di quelli di domani. Perché una fondazione privata porterà nel tempo alla definizione di due tipi di lavoratori che faranno più o meno lo stesso lavoro: quelli privati delle cooperative di servizi, meno pagati, ultraflessibili e ricattabili, e quelli pubblici, con qualche garanzia in più, dipinti come privilegiati, ma con uno stipendio già bloccato da anni e che resterà tale fino alla pensione, peraltro sempre più lontana.
4. L’assessore Alperoli presentando il progetto Fondazione compie una vera e propria esaltazione di questo modello, dimenticando i gravi problemi che attraversano persino le fondazioni da lui citate. A Torino Fassino sta per fare marcia indietro, a Venezia la nascita della fondazione è stata attraversata da pesanti critiche sindacali, mentre quella di Trento è a rischio chiusura. Per non parlare di Modena, dove abbiamo l’esempio poco confortante della Fondazione Teatro Comunale, in cui il calo delle risorse del Comune, ha determinato la riduzione della stagione del Teatro Comunale e della programmazione del Teatro Storchi, che aprirà solo a dicembre. E qualche giorno fa la stessa associazione dei musei d’arte contemporanei italiani nel denunciare il silenzio del governo alle difficoltà del settore (Monti non ha nemmeno risposto ad una richiesta di incontro) scriveva dei musei in questi termini: “l’ultimo baluardo da spolpare per una politica famelica e senza vergogna…”.
(PRC Federazione di Modena – la Segreteria provinciale)



