Faac Spa ha dato mandato ai legali di tutelare l’interesse della società, che sente di essere minacciata nelle sue prerogative funzionali e di crescita nella controversia ereditaria che si è sviluppata in seguito alla scomparsa, nel marzo scorso, di Michelangelo Manini, presidente e azionista di maggioranza.

«Una costellazione di conflitti, che non ha nulla a che vedere con l’attività industriale e commerciale dell’azienda – ha dichiarato Andrea Marcellan, amministratore delegato di Faac Spa – ma che proprio sull’azienda ha l’impatto più forte, incidendo sulle relazioni commerciali, sulla reputazione e sul clima interno. E stupisce che sulla Faac stiano via via convergendo le attenzioni degli esclusi dal testamento».

Il timore espresso dai vertici del gruppo è che dietro le numerose iniziative legali che ruotano attorno al testamento si possa celare un’attività ostile nei confronti della Faac.

Ad oggi sono ben 12 i soggetti (di cui uno rinviato a giudizio per falso) che, a diverso titolo, hanno impugnato il testamento olografo con cui l’imprenditore Michelangelo Manini ha nominato erede universale l’Arcidiocesi di Bologna.

«Abbiamo ragione di ritenere che il vero oggetto del desiderio sia la Faac, più di ogni altro bene dell’eredità – ha dichiarato Andrea Moschetti, presidente di Faac Spa – Lo rivela chiaramente il testo dell’ultima istanza presentata dagli esclusi dal testamento, dove si richiede non solo il sequestro dei beni e del pacchetto azionario ereditato dall’Arcidiocesi (ndr 66% delle azioni), ma il sequestro dell’intera azienda, peraltro con provvedimenti inauditi, indirizzati non più alla conservazione del patrimonio, ma ad impedire lo sviluppo di un gruppo internazionale in costante crescita».

Nel testo della nuova istanza, presentata nei giorni scorsi da uno dei parenti dell’imprenditore, si invoca “di imporre il sequestro sull’intera azienda, sì da impedire la gestione della società da parte del Consiglio di Amministrazione, con totale e integrale sostituzione di tutti i suoi componenti”, con “provvedimento di allontanamento dell’attuale management” ed infine, ancora una volta, “l’affidamento della società ad un custode”.

«Richieste sconcertanti – ha commentato il presidente Moschetti – che si addicono più a un soggetto interessato a soffocare l’azienda che a un aspirante erede. Perché mai un parente dovrebbe concentrare la sua attenzione non sull’ingente patrimonio nel suo complesso, ma in particolare sulla governance e sulla gestione di una società per azioni di successo?».

Un interrogativo che ha preso sempre più corpo a Zola Predosa, dopo che il presidente e l’ad sono stati impegnati per mesi nel respingere «Un numero impressionante di offerte di acquisto, che si sono abbattute sui cancelli di Faac come pioggia battente – ha rivelato il presidente Moschetti – La Faac opera in un clima da assedio. È nostro dovere tutelare l’interesse e le prerogative di crescita e sviluppo di un’azienda modello, che dà lavoro a oltre 1.400 famiglie senza contare l’indotto, ed è motivo di orgoglio per l’intero territorio».

Il Prof. Alberto Caltabiano, che siede nel Cda della Faac da 10 anni, ha dichiarato: «Pur avendo sinora evitato di prender posizione nella controversia tra l’Arcidiocesi di Bologna e quanti si pretendono eredi del compianto Michelangelo Manini, la Faac si vede ora costretta a intervenire nei procedimenti giudiziali in corso al fine di contrastare un’iniziativa che è certamente contraria agli interessi dell’intero gruppo Faac e dei suoi dipendenti e che, seppur da un lato palesemente inammissibile, dall’altro, qualora venisse accolta, comporterebbe un affossamento della società».

Foto, da sinistra: professor Alberto Maffei Alberti, Andrea Moschetti (presidente di Faac), Andrea Marcellan (amministratore delegato di Faac Spa), professor Alberto Caltabiano (avvocato e membro del Cda di Faac Spa)