Inaugura sabato 26 gennaio alle 17 e rimane aperta fino a mercoledì 1 maggio al Museo Civico d’Arte in largo porta Sant’Agostino la nuova mostra “Le mani dell’arte e della carità: l’insegna Rubbiani dell’antico ospizio modenese”, dedicata alle targhe in maiolica dell’antico ospizio cittadino, realizzate a fine Ottocento dalla nota manifattura Rubbiani di Sassuolo. L’esposizione fa seguito al restauro finanziato dall’Opera Pia Case di Riposo di Modena, la cui attività è testimoniata in mostra da alcune interessanti ceramiche di impronta verista.
L’iniziativa è realizzata in collaborazione con l’Ausl di Modena, proprietaria delle targhe, e le Ceramiche Marca Corona. Un accordo tra il Museo Civico d’Arte e questa importante realtà produttiva locale, proprietaria di un museo aziendale che ricostruisce la storia della Ceramica Rubbiani, ha permesso la schedatura informatizzata della raccolta di ceramiche del Museo, in parallelo a quella della Galleria Marca Corona.
Le targhe Rubbiani accoglievano gli ospiti dell’antico ricovero di mendicità di Via Sant’Agostino. Esposte per la prima volta al Museo dopo il recente restauro, parlano di quel mondo e delle mani che le hanno plasmate e dipinte. Probabilmente al 1884 risale la loro commissione e fino al 1937 svolsero il compito di ornare la porta d’accesso del ricovero cittadino. Eseguite dalla manifattura ceramica Rubbiani di Sassuolo, allora tra le più celebri in Italia, sono testimoni dell’opera del raffinato pittore fiorentino Carlo Casaltoli, il cui ruolo di direttore artistico dello stabilimento ne favorì l’allineamento col gusto dell’epoca, oscillante tra neorinascimento, orientalismo e liberty, come ci testimoniano anche le opere grafiche e pubblicitarie esposte in mostra.
Negli anni in cui le targhe vedevano la luce, la ditta Rubbiani attraverso la “ceramica d’arte” si dimostrava sensibile al gusto eclettico che abbinava naturalismo a evocativi richiami storici. Oltre Modena, le targhe del vecchio ospizio ci riportano così alla corrente artistica e letteraria nazionale del verismo, di cui diventano originali testimonianze. Nel loro raffigurare un uomo anziano condotto all’ingresso del ricovero da un uomo in giacca e bombetta, e uno scorcio della carrozza del ricco accompagnatore in attesa del suo ritorno, diventano una tanto garbata quanto efficace metafora dell’anima assistenziale della città, cristianamente rappresenta dall’immagine di San Rocco che assiste un malato inginocchiato dinanzi a lui.
All’interno del gruppo di artisti in contatto con la manifattura sassolese e collaboratori dello stesso Casaltoli, vi era anche il modenese Silvestro Barberini pittore, ma soprattutto scultore e plasticatore del quale sono esposti in mostra un vaso decorativo e un centrotavola, entrambi di proprietà dell’Emilceramica, un Ritratto di prelato in maiolica di recente riscoperto presso il monastero di San Pietro di Modena e a lui attribuito, un dipinto di proprietà del municipio di Finale Emilia raffigurante il portale della villa Pentetorri di Modena, bombardata nel 1944, e un ritratto dell’amico pittore Gaetano Bellei.
In mostra anche un album fotografico con i numerosi pezzi della produzione Rubbiani presentati alle varie Esposizioni Nazionali, un vaso decorativo realizzato da Barberini e Casaltoli, un prezioso piatto con il ritratto della Regina Margherita di Savoia provenienti dalla Galleria Marca Corona. Infine, fotografie storiche degli interni ed esterni del vecchio ricovero modenese: una documentazione sulla collocazione originale dell’antica insegna Rubbiani e degli “stanzoni” che ospitavano oltre una cinquantina di letti.
L’ingresso al Ricovero si trovava in via Sant’Agostino, nella parte meridionale dell’Albergo dei Poveri (attuale Palazzo dei Musei), costruito da Pietro Termanini tra il 1764 e il 1769 per volere del duca Francesco III d’Este. Dopo essere stato trasformato in Albergo Arti da Ercole III nel 1788, dal 1817 al 1884 fu sede della Congregazione di Carità. Nel 1872, la sezione meridionale dell’Albergo accoglie al suo interno il Ricovero di Mendicità, adibito alla cura degli anziani e degli inabili al lavoro, sia uomini che donne. Nel 1883, nonostante la cessione dello stabile al Comune di Modena affinché vi fossero riuniti i principali istituti culturali e scientifici cittadini, nonché le maggiori raccolte artistiche, la parte meridionale dell’Albergo rimane a disposizione del Ricovero attraverso un regolare contratto d’affitto. L’anno successivo la Congregazione trasferisce i suoi uffici in un complesso che comprende alcuni locali di nuova costruzione e Palazzo Boschetti, con l’accesso ubicato in via Sant’Agostino 20, poco oltre il portale d’ingresso del Ricovero, ornato da un’insegna formata da due formelle in ceramica che inquadrano ai lati l’iscrizione “Ricovero provinciale di mendicità”.
Curata da Stefano Bulgarelli e Lorenzo Lorenzini, la mostra è aperta con ingresso gratuito al Museo civico d’arte, da martedì a venerdì dalle 9 alle 12, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18.
GLI AUTORI RAPPRESENTATI IN MOSTRA
Al Museo civico d’arte “Le mani dell’arte e della carità”, dal 26 gennaio al 1 maggio
L’arte ceramica è al centro della mostra “Le mani dell’arte e della carità: l’insegna Rubbiani dell’antico ospizio modenese”, dedicata alle targhe in maiolica dell’antico ospizio cittadino. Aperta fino a mercoledì primo maggio al Museo civico d’arte (largo Porta Sant’Agostino), la mostra propone opere della ceramica Rubbiani, realizzate sotto la direzione artistica del pittore fiorentino Carlo Casaltoli e con la collaborazione dell’artista modenese Silvestro Barberini.
La ceramica dell’unità italiana: dalla premiata “Fabbrica Carlo Rubbiani” alla “Ditta Carlo Rubbiani” (1854-1910). Negli anni in cui la produzione regionale è concentrata a Sassuolo, Bologna e Imola Giovanni Maria Rubbiani, già proprietario della “Fabbrica della Terra Rossa” di contrada Lei, acquista nel 1854 anche la “Fabbrica” di contrada del Borgo, all’epoca del conte Ferrari Moreni, ma prima ancora della famiglia Dallari, conquistando il monopolio locale. Fin dall’inizio coinvolge i tre figli, Luigi, don Antoni e Carlo. Oltre all’attività imprenditoriale i fratelli Rubbiani hanno anche responsabilità amministrative. Sono infatti loro a guidare il gruppo di imprenditori che affianca le Province di Modena e Reggio Emilia nella costruzione del nuovo ponte sul fiume Secchia e della rete ferroviaria (1883) che unisce Sassuolo alla rete nazionale. La morte prematura di Luigi determinerà una nuova suddivisione dei ruoli che vedrà Carlo dedicarsi al settore artistico nella “Fabbrica Vecchia”, che da quel momento ne assumerà il nome. Le maestranze attive nella fabbrica di Carlo sono quasi esclusivamente sassolesi; a dirigerle nel ruolo di direttore – pittore è chiamato il correggese Domenico Bagnoli (1824-1889) che rilancerà la produzione artistica. Decisiva è poi la partecipazione alle esposizioni nazionali e internazionali da cui derivano significativi riconoscimenti. I Rubbiani istituiscono anche un “Museo della Fabbrica”. Mostrando poi un’acuta sensibilità ai cambiamenti, Carlo Rubbiani introduce la produzione industriale della piastrella “pressata a secco” che affiancherà, fino a soppiantarla completamente, la produzione artistica più selezionata: dal Bagnoli ai plastici Guglielmo Borelli e Silvestro Barberini, al pittore Vittorio Neri, a Carlo Casaltoli.
Carlo Casaltoli (Firenze, 1865 – 1903). Un “distinto pittore fiorentino” che ha rimesso “in onore la pittura e le forme ricche e grandiose degli oggetti [della] Ditta Carlo Rubbiani”: così lo studioso di ceramiche Federico Argnani presenta a fine Ottocento Carlo Casaltoli, e con lui la sua opera, quasi come fossero due facce della stessa medaglia. Dopo una prima formazione che si ipotizza presso la manifattura Ginori a Doccia, appena ventenne, attorno al 1884-85, Casaltoli si trasferisce a Sassuolo dov’è assunto presso la Fabbrica Carlo Rubbiani, di cui ben presto diventa direttore artistico. Pur non essendo note le sue credenziali, è certo che il suo arrivo ha comportato per la vita dello stabilimento una vivace svolta sia in termini produttivi che estetici, attraverso un ricercato adeguamento al gusto dell’epoca. Le poliedriche doti di Casaltoli si riflettono nei prodotti realizzati nei quali si alternano o si fondono richiami neorinascimentali, orientaleggianti, incursioni veriste e floreali con raffaellesche, ninfe, satiri e divinità olimpiche, contadine riprese in cornici bucoliche, paesaggi e marine. A questi si aggiungono i soggetti “pompier” in costume settecentesco con scene galanti, composizioni di frutta e verdure o ritratti. Allo stesso Casaltoli va ricondotta l’ulteriore svolta della fabbrica sassolese verso l’utilizzo della piastrella “pressata a secco”, impiegata anche nel genere “monumentale”, del quale costituisce un significativo esempio la tomba in piastrelle della famiglia Rubbiani nel Cimitero di San Prospero di Sassuolo, realizzata nel 1892. Due anni dopo Casaltoli rientra a Firenze dando vita a una vasta produzione grafica interrotta solo dalla morte prematura.
Silvestro Barberini (Modena, 1854 – 1916). Fin da studente presso l’Accademia di Belle Arti di Modena Silvestro Barberini manifesta propensione sia per la scultura che per la pittura di paesaggio. Quest’ultima passa però in secondo piano nel 1877, in seguito alla vincita del Pensionato Poletti con relativa borsa di studio che gli permette di seguire un perfezionamento in scultura. In un periodo attorno al 1885 coincidente grossomodo con l’arrivo a Sassuolo di Carlo Casaltoli, anche Barberini inizia a collaborare con la manifattura Rubbiani. Questa sua produzione, intrisa di riferimenti veristi, è testimoniata non solo dal catalogo fotografico della stessa manifattura, ma soprattutto da alcuni pezzi siglati e conservati presso le raccolte della Galleria Marca Corona, dell’Emilceramica o presenti sul mercato antiquario. Negli anni successivi, l’opera di Barberini si apre verso un linguaggio più accademico, talvolta venato da morbidezze sentimentali moderatamente romantiche. Allo stesso tempo non mancano per lui occasioni di confronto con la scultura monumentale di destinazione pubblica, come dimostrano le statue dei “Due Garibaldini”, realizzate fra il 1891 ed il 1894 per la Barriera Garibaldi di Modena e oggi collocate nel Parco delle Rimembranze.