Domenica 10 febbraio, nel pomeriggio, L. K. A., pakistano 34enne, si presentava ai Carabinieri della Caserma D’Azeglio, rappresentando di voler sporgere denuncia in merito ad un episodio che lo aveva visto vittima di un’aggressione con esplosione di colpi d’arma da fuoco, accaduto il giorno precedente.
Immediatamente subentravano i militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo i quali raccoglievano la denuncia del fatto in questi termini: la sera di sabato 9 febbraio, mentre L. K. A. si trovava nei pressi di un bar in zona barca, veniva avvicinato da un tale, da lui conosciuto con il nome di “Sergio” che lo afferrava per il mento e con tono minaccioso gli ordinava di abbassare la testa ogni qualvolta lo avesse incontrato. All’assenza di reazione, il citato Sergio si arrabbiava ulteriormente continuando verbalmente a minacciarlo, afferrandolo per la gola e dicendogli che gliel’avrebbe tagliata e gettata nel fiume. Poco dopo i due passavano dalle parole alle vie di fatto, fino a quando interveniva una terza persona che li divideva.
Nella circostanza la persona nota al denunciante come “Sergio” lo avvisava che sarebbe andato a casa a prendere la pistola per sparargli in testa ed in bocca.
Effettivamente, poco dopo, mentre L. K. A. si trovava ancora nel bar, vedeva sopraggiungere con in mano una pistola il Sergio, il quale lo minacciava dicendogli che gli avrebbe sparato, invitandolo ad uscire dal bar, cosa che L. K. A. si rifiutava di fare.
Il “Sergio”, allora, si arrabbiava ulteriormente scarrellando l’arma per mettere il colpo in canna e continuando a minacciare la vittima che gli avrebbe sparato in bocca ed in testa. Subito dopo puntava l’arma verso i piedi del pakistano, esplodendo un colpo che scalfiva la mattonella, di rimbalzo finiva per danneggiare il frigo dei gelati poco distante e infine si frantumava in più parti.
Fortunatamente, le schegge derivate dallo sparo non ferivano alcuno dei presenti all’interno del bar, che assistevano esterrefatti alla scena e subito si allontanavano terrorizzati.
L. K. A. asseriva, altresì, che nella circostanza avrebbe voluto richiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine, ma non procedeva subito temendo la personalità del BOSA che nell’ambiente è conosciuto quale persona aggressiva, pericolosa e vicina ad altri pregiudicati.
Le verifiche eseguite subito dagli investigatori confermavano la dinamica riferita dal L. K. A., peraltro immortalata dai filmati del sistema di video-sorveglianza di cui è dotato il locale pubblico, e ribadita dal gestore e titolare del bar, il quale confermava di aver sentito l’esplosione di un colpo d’arma da fuoco ed aver visto alcuni avventori fuggire fuori dal locale. Non solo: il Sergio lo aveva invitato, con tono intimidatorio, a cancellare la sequenza appena registrata, cosa che il titolare del bar peraltro non avrebbe potuto fare se non con l’intervento di un tecnico.
Gli investigatori con rapidissimi accertamenti giungevano alla piena identificazione del “Sergio”, all’anagrafe B.S., noto pregiudicato nato a Taranto nel 1959, residente nel quartiere Barca e si precipitavano presso la sua abitazione, poco distante dal bar teatro della sparatoria.
Il B.S. veniva trovato all’interno e, stretto dalle evidenze raccolte dai Carabinieri, non poteva far altro che ammettere tutti gli addebiti e confessare anche la detenzione dell’arma utilizzata.
Il “ferro” era stato dal B.S. messo in un pacchetto in modo da non consentire di comprendere cosa contenesse e consegnato momentaneamente ad una sua ignara vicina di casa, peraltro anch’essa pregiudicata. L’arma veniva quindi immediatamente recuperata nel plico che effettivamente camuffava il contenuto. L’arma risultava una pistola semiautomatica marca BERETTA Mod. 34 cal.7.65, matricolata, con un colpo in canna e due nel caricatore posta sotto sequestro, denunciata il 30.11.2009 come oggetto di furto in abitazione a Mirandola (MO). All’atto del furto l’arma era dotata di n. 4 (quattro) cartucce, tre delle quali sequestrata ed una, verosimilmente proprio quella esplosa all’interno del bar.
Nel corso della perquisizione veniva inoltre sequestrata la felpa di colore bianco e nero con raffigurata un aquila nera sul retro, indossata dal B.S. e ripresa dalle telecamere.
Il B.S., tratto in arresto poiché ritenuto responsabile di minacce aggravate, porto abusivo e detenzione d’armi comuni da sparo, ricettazione, ribadiva che all’origine del suo folle comportamento, che solo per un caso fortuito non ha provocato conseguenze fatali, era stata una serie di sguardi da lui ritenuti poco “rispettosi” da parte del pakistano e la sua voglia di porre rimedio allo “sgarbo” subito con un gesto eclatante, che lo accreditasse nell’ambiente.
Terminate le formalità di rito l’uomo veniva associato presso la locale Casa Circondariale, a disposizione della Procura della Repubblica (PM Dr. Simone Purgato).