Modena, 22 aprile 1945: era una domenica, le fabbriche erano chiuse e centinaia di modenesi scesero in strada per sostenere i partigiani. Alle 12 il sindaco designato dal Cnl, Alfeo Corassori, era già entrato in Consiglio comunale; solo alle 20 entrò a Modena una colonna americana che trovò la città già libera, la prima città del nord a essersi liberata da sola. 45 caduti, per la metà civili, fu il prezzo pagato.

“Quello stesso Consiglio, che reca ancora i segni della memoria – ha affermato la presidente Caterina Liotti – esattamente 68 anni dopo, ospita la seduta straordinaria per la celebrazione della Liberazione di Modena che abbiamo voluto intitolare ‘Costruire la democrazia’. Modena, Medaglia d’oro al valor militare con decine di medaglie d’oro e d’argento conferite a modenesi e 19mila 318 partigiani riconosciuti, intende soprattutto riflettere sul dopo – ha detto la presidente in apertura del Consiglio straordinario di lunedì 22 aprile – per contribuire a indirizzare il dibattito politico, soprattutto in un momento così convulso. E intende farlo – ha continuato Liotti – con un occhio particolare alle donne alle quali saranno dedicate anche le iniziative del 25 Aprile, perché senza le donne la Resistenza non sarebbe stata possibile”.

Dopo aver salutato le autorità civili, militari, i rappresentanti delle associazioni partigiane e combattentistiche, i consiglieri regionali presenti alla seduta, la presidente ha dato la parola al sindaco Giorgio Pighi che ha ricordato due illustri predecessori ugualmente importanti per la storia cittadina e l’affermazione della democrazia. Ferruccio Teglio, “primo sindaco socialista della città e forte oppositore del fascismo, alla guida di Modena in un momento in cui la violenza fascista penetrava e minava la coesione sociale fino a rendere impossibile il governo della città. Il sindaco ebreo, sempre schierato dalla parte degli ultimi,. che subì la violenza quadristica e, una volta decaduto, dovette affrontare disagi e persecuzioni”, ha affermato Pighi. L’altro, il sindaco che guidò le nostre terre verso la democrazia, Alfeo Corassori, anch’egli acceso antifascista, il cui calvario iniziò già dagli anni ’20 e dopo l’8 settembre del 1943 cominciò la militanza nella Resistenza e alla guida del partito comunista. Fu lui – osserva il sindaco – a entrare in questo Palazzo comunale prima dell’arrivo degli alleati. Nel momento del suo insediamento – ha sottolineato Pighi – fece un appello a tutti i modenesi: ‘Tutti collaborino all’immane opera di ricostruzione, Modenesi al lavoro’. Quella sfida ci ha portati alla Modena di oggi, un percorso per la liberà, la democrazia, il lavoro; mai contro qualcosa. Questo il messaggio che anche oggi il Consiglio comunale deve trasmettere ai modenesi”, ha concluso il sindaco Pighi.

VOTO ALLE DONNE, CONCILIAZIONE E RICORDO

In Consiglio gli interventi di Patrizia Gabrielli, Enrico Nistri e Lorenzo Bertucelli

“Il voto alle donne rappresenta una svolta epocale, frutto del protagonismo femminile nella guerra e di una nuova dimensione di massa della politica, oltre che dell’azione dei movimenti femminili. E se con il decreto Bonomi, 31 gennaio del 1945, alle donne viene riconosciuto solo il diritto di votare (voto attivo), nel marzo del 1946, nell’imminenza delle elezioni amministrative, viene riconosciuto loro anche il diritto a essere votate (voto passivo). Ma anche allora si guardava più all’eleganza e alla prestanza fisica che alle idee e capacità delle donne”. Lo ha fatto notare Patrizia Gabrielli docente di Storia contemporanea e di genere all’Università di Siena intervenendo alla seduta di oggi, lunedì 22 aprile, del Consiglio comunale dedicata alla Celebrazione della Liberazione di Modena.

“Erano passati molti anni dalla prima petizione per chiedere il voto alle donne, risalente al 1863, eppure attraverso certa stampa passava il messaggio che il voto potesse creare disordine sociale, arrecando problemi alla dimensione privata: ‘donne alle urne, cucine vuote’ era lo slogan in voga”, ha osservato la studiosa. “Inoltre, si pensava al rischio dell’assenteismo al voto delle donne. Non fu così e ben 2 mila donne furono elette nelle prime tornate elettorali; 17 solo a Modena, mentre a Fanano venne eletta sindaco Elena Tosetti che per recarsi alle urne fu la prima a scendere in strada per spalare la neve. Nella Costituente furono elette 21 donne contro 256 uomini”, ha proseguito. “Quelle donne si vollero rappresentare come un’eccezione: le elette erano ineleganti, sciatte, poco avvenenti e rappresentate come ‘mogli di’, anche se avevano biografie ricche di formazione e militanza nella politica. Credo che la mancata rappresentanza femminile nelle istituzioni – ha concluso Gabrielli – sia legata a questo fragile modo di rappresentare le donne, legato alle virtù fisiche; una caratteristica più forte nel nostro paese che in altri”.

Enrico Nistri, giornalista e scrittore, ha delineato in Aula i vari tentativi compiuti per “addivenire alla conciliazione tra gli italiani”, a partire proprio dall’amnistia redatta dall’allora ministro di Grazia e Giustizia Palmiro Togliatti che indicava “la necessità della conciliazione e della pacificazione di tutti i buoni italiani”. Nistri ha citato, tra gli altri, il volume “Mussolini social fascista” di Giorgio Bocca del 1983; la dichiarazione di Oscar Luigi Scalfaro del 1993 sul fatto che “ai morti di ogni parte si deve rispetto”; per poi chiudere con un riferimento al discorso di Luciano Violante del 1996 quando, da presidente della Camera, si riferì ai ragazzi e alle ragazze che aderirono alla Repubblica di Salò ritenendo di servire in quel modo la propria Patria. “Pacificazione non significa livellamento, sono cose diverse – ha sottolineato Nistri concludendo che – ancora oggi abbiamo bisogno non di livellare ma di capire”.

Lorenzo Bertucelli, docente di Storia contemporanea dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ha evidenziato come la cultura ebraica insegni che la condizione del perdono è il ricordo: “Il ricordo della fine della guerra, della sconfitta di quel tipo di progetto totalitarista e della liberazione da esso. Al di là delle giuste compassioni, oggi dobbiamo orientare le valutazioni delle comunità sul tema. Dimenticare per ragioni di convenienza è rischioso in una fase in cui ci troviamo probabilmente ancora di fronte a bivi fondamentali. Quale tipo di democrazia vogliamo avere nel XXI esimo secolo?”, ha chiesto dopo aver ripercorso alcune tappe fondamentali della seconda guerra mondiale. “Dopo il conflitto era impossibile tornare ai regimi liberali precedenti, c’era consapevolezza della necessità di cambiamento. La seconda guerra mondiale – ha concluso – è stato fondamentale per permettere alla democrazia di riconquistare il consenso delle masse”.