ricerca-popol-sismaRIMILab, il Centro di Ricerca del Dipartimento di Educazione e Scienze Umane su Relazioni Interetniche, Multiculturalità e Immigrazione dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, nei mesi successivi al terremoto del 20 e 29 maggio che ha scosso l’Emilia e distrutto l’identità urbanistica, e non solo, di interi comuni modenesi, reggiani, bolognesi, ferraresi e mantovani, ha condotto due vaste ricerche, relative agli effetti del terremoto su adulti e bambini.

Presentati stamane in conferenza stampa, questi studi, “Effetti del terremoto sulle relazioni tra italiani e immigrati vittime del sisma” e “Il terremoto in Emilia Romagna: effetti sui bambini di scuola elementare a Carpi, Novi di Modena e Rovereto sulla Secchia”, consentono, da un lato, di comprendere gli effetti a largo raggio prodotti dal terremoto sulle relazioni sociali e sul benessere individuale rilevati in zone fortemente colpite dall’evento sismico e, dall’altro, di individuare fattori che possano essere alla base di interventi futuri rivolti sia alla popolazione colpita sia a persone in generale coinvolte in eventi traumatici assimilabili al terremoto.

Alla presentazione hanno partecipato il prof. Giorgio Zanetti, Direttore del Dipartimento di Educazione e Scienze Umane; il prof. Dino Giovannini, Direttore di RIMILab; la dott. ssa Alessia Cadamuro, ricercatrice dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e docente di Psicologia dello sviluppo; il dott. Loris Vezzali, ricercatore dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e docente di Psicologia sociale e dei gruppi.

 

Ricerca: “Effetti del terremoto sulle relazioni tra italiani e immigrati vittime del sisma”

Il Gruppo di ricerca

La ricerca è stata condotta da un gruppo di ricerca composto da docenti dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (Loris Vezzali e Dino Giovannini), dell’Università di Genova (Luca Andrighetto), e da due studentesse del corso di laurea in Scienze dell’Educazione dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (Giulia Bergamini e Chaima Nadi).

 

Obiettivi della ricerca

L’obiettivo principale dello studio era indagare gli effetti del terremoto sulle relazioni tra italiani e immigrati nei mesi immediatamente successivi al sisma. Inoltre, ci si è proposti di esplorare alcuni fattori psicosociali chiave per un miglioramento delle relazioni tra i gruppi a seguito di un evento traumatico come il terremoto.

 

L’approccio metodologico

Si sono testate due ipotesi principali tra loro contrapposte ed egualmente plausibili: secondo la prima, il terremoto come evento traumatico avrebbe dovuto far avvicinare tra loro le persone, indipendentemente dall’appartenenza etnica, facilitando le reazioni di aiuto e sostegno reciproco; la seconda ipotesi sostiene invece che le persone agiscono in quanto membri di gruppo e, in presenza di un evento traumatico e quindi di risorse materiali scarse (ad esempio, gli aiuti monetari forniti da agenti esterni, come lo Stato), pensano prima di tutto al proprio gruppo (e di conseguenza a sé), nel timore di non ricevere abbastanza sostegno per ripagare le perdite subite.

 

L’indagine

Lo studio ha coinvolto 222 persone (92 donne; età media = 38 anni) residenti per la maggior parte nei paesi di Cavezzo, San Felice sul Panaro e Mirandola. Al momento della ricerca, svolta tra luglio e ottobre 2012, il 77% delle persone viveva in tendopoli. Il 54% dei partecipanti era italiano, il 46% di origine straniera. Tra questi, i gruppi etnici più rappresentati erano quelli marocchino, tunisino e rumeno.

Ad ognuna delle persone interviste è stato somministrato individualmente un questionario, compilato in presenza delle ricercatrici.

 

Il risultato: criticità

Dall’analisi statistica dei dati è emerso che sia gli italiani sia gli immigrati riportavano alte esperienze di vittimizzazione a seguito del terremoto, sia di tipo materiale che di tipo psicologico. In altre parole, entrambi i gruppi si percepivano come vittime particolarmente colpite dall’evento sismico, sia per quanto riguarda i danni materiali subiti, sia in relazione alle conseguenze traumatiche a livello psicologico. Si è però trovato che gli immigrati mostravano dei livelli di stress psicologico più alti rispetto agli italiani, dovuti probabilmente a una mancanza di sostegno sociale. Nelle tendopoli gli italiani dichiaravano relazioni negative con gli immigrati a seguito del terremoto (soprattutto nelle tendopoli), mentre gli immigrati non manifestavano problemi di convivenza con gli italiani. Questo era vero anche a livello “indiretto”: gli italiani, più degli immigrati, riportavano di aver sentito altri italiani lamentarsi di relazioni ed episodi negativi con immigrati a seguito del terremoto. Inoltre gli italiani, rispetto agli immigrati, sembravano sentirsi più minacciati per la presenza dell’altro gruppo, notando come nelle tendopoli gli immigrati occupassero spazi e usufruissero di pasti che avrebbero dovuto essere assegnati agli italiani e temendo che il gruppo italiano vedesse ridursi la quota spettante di aiuti economici da parte dello Stato a favore degli immigrati (la minaccia era comunque moderata e non particolarmente alta). In linea con i risultati delineati, gli italiani non si percepivano come un gruppo unico, quello delle vittime del terremoto, al pari degli immigrati; questi ultimi, invece, si vedevano come un unico gruppo, indipendentemente dalle differenze etniche. Oltre a rilevare lo stato delle relazioni tra i gruppi, si sono anche indagati gli atteggiamenti reciproci e il desiderio di aiutarsi e sostenersi. In generale, gli immigrati si sono rivelati molto empatici nei confronti degli italiani, altamente disposti ad aiutare l’altro gruppo. Al contrario, mediamente, gli italiani provavano scarsa empatia per gli immigrati ed erano poco intenzionati ad aiutarli. Inoltre, mentre gli immigrati avrebbero diviso il 54% degli aiuti economici ricevuti dallo Stato, gli italiani erano disposti a cederne solo il 26% (tale dato, tuttavia, può essere spiegato anche in funzione della numerosità effettiva dei due gruppi: gli italiani, consapevoli di essere in larga maggioranza numerica, sanno di aver diritto a una percentuale di aiuti economici superiore). E’ da notare, infine, che gli italiani non si dimostravano solidali neanche quando vi era da concedere aiuti agli immigrati in quanto vittime. Nello specifico, gli italiani mediamente non ritenevano che gli immigrati vittime del terremoto dovessero ottenere con più facilità il rinnovo del permesso di soggiorno, ricevessero la stessa quantità di aiuti economici e sostegno psicologico destinati agli italiani, vedessero sostenute le proprie imprese colpite dal sisma al pari di quelle italiane.

 

Fattori associati

La ricerca, oltre a individuare i punti di criticità, si è anche posta l’obiettivo di indagare i fattori associati a un miglioramento delle relazioni tra i gruppi. Anzitutto, è emerso che le persone che si sentivano vittime del sisma e per cui il terremoto era risultato più traumatico erano anche quelle più empatiche e che vedevano italiani e immigrati come un unico gruppo, quello delle vittime del sisma; vedersi come un gruppo unico e provare empatia verso l’altro gruppo portava poi ad atteggiamenti e intenzioni di aiuto reciproco più positive. Inoltre, quelli che si sentivano vittime di un evento traumatico inevitabile (in quanto determinato dalla natura) provavano meno minaccia verso l’altro gruppo e, di conseguenza, desideravano di più aiutarlo e sostenerlo, vedendo gli altri non come “gruppi” diversi, ma solo come persone colpite dal terremoto.

 

Conclusioni

“La ricerca – fa notare il dott. Loris Vezzali, vice-direttore del RIMILab e ricercatore dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – porta a due conclusioni principali: (a) a seguito del sisma, le relazioni interetniche sono state vissute come abbastanza negative dagli italiani e sostanzialmente positive dagli immigrati; (b) vi sono alcuni fattori, che possono essere considerati per interventi futuri da enti e operatori dell’emergenza, che riducono la conflittualità sociale e aumentano la solidarietà. In particolare, molte persone (sia italiane sia immigrate) si vedevano come il gruppo di vittime del sisma e ciò favoriva l’adozione di comportamenti di aiuto reciproco”.

 

Ricerca: “Il terremoto in Emilia Romagna: effetti sui bambini di scuola elementare a Carpi, Novi di Modena e Rovereto sulla Secchia”

Il Gruppo di ricerca

La ricerca è stata condotta da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Educazione e Scienze Umane dell’Università di Modena e Reggio Emilia, composto da Alessia Cadamuro, Annalisa Versari, Loris Vezzali e Dino Giovannini.

 

Obiettivi della ricerca

Lo studio aveva come obiettivo di indagare gli effetti cognitivi ed emotivi del terremoto vissuto dalla popolazione dell’Emilia-Romagna nel maggio 2012. Inoltre, i ricercatori si sono proposti di individuare i possibili fattori in grado di influenzare la gestione degli effetti del terremoto. Ad esempio la capacità di mentalizzazione dei bambini (ovvero la capacità di riflettere sui propri ed altrui stati mentali) potrebbe risultare un fattore chiave per consentire alle strategie di coping attivate dai bambini di gestire meglio l’evento stressante.

 

L’approccio metodologico

I dati sono stati raccolti a novembre 2012 da tirocinanti appositamente formati dei corsi di laurea in Scienze dell’Educazione e Scienze della Formazione Primaria. Le variabili su cui si è focalizzata la ricerca sono: l’impatto dell’evento traumatico (disturbo da stress post-traumatico) sui bambini ed i loro genitori; la qualità delle strategie di fronteggiamento (coping) utilizzate dai medesimi; il livello di performance cognitiva e metacognitiva nei bambini; i fattori che portano a un miglioramento delle abilità cognitive; i fattori che consentono di promuovere il sostegno sociale e l’aiuto reciproco tra i gruppi.

 

L’indagine

Il campione è costituito da quasi 900 alunni (il 24% con origini straniere), insieme ai loro genitori, di scuole primarie di Carpi (Frank, Giotto, Pertini), Novi di Modena e Rovereto sulla Secchia (Battisti, Frank). Ai bambini sono stati somministrati prove e questionari, affiancati ad interviste individuali; i genitori hanno compilato un questionario.

 

I risultati

I risultati hanno anzitutto evidenziato livelli decisamente alti di disturbo da stress post-traumatico. In particolare, mediamente, i bambini con segni da stress post-traumatico sono ben l’80%. E’ interessante notare che la presenza del disturbo cresce con l’età, arrivando a toccare il suo picco nelle classi quinte, dove ben l’84% dei bambini italiani e l’88% di quelli stranieri rivela segni di stress post-traumatico (probabilmente, con l’età cresce la comprensione dell’evento e, di conseguenza, della sua drammaticità e pericolosità). Non sorprendentemente, l’evento stressante sembra aver colpito maggiormente la popolazione di Novi e Rovereto, dove si registrano medie superiori di stress post-traumatico (rispetto a Carpi). I segni psicologici lasciati dal terremoto sono ancora più evidenti tra i genitori, dove sono le madri a presentare quadri più evidentemente stressati, come suggerito dal dato impressionante secondo cui il 92% (a fronte del 76% dei padri) presenta segni di stress post-traumatico. Un dato positivo riguarda le strategie messe in atto per fronteggiare l’evento traumatico: nel campione preso in esame, una discreta percentuale di bambini ha usato strategie sia attive, volte a far fronte in maniera diretta l’evento, che di evitamento, mirate principalmente a evitare qualsiasi stimolo ricordasse il terremoto (entrambe mediamente usate al 64%), mentre i loro genitori hanno utilizzato soprattutto (al 78% le mamme, al 73% i papà) quelle attive. Tale dato generale, se considerato in base alla provenienza etnica, è un po’ meno confortante nei bambini stranieri, dove la percentuale di utilizzo di strategie attive e di evitamento scende, mentre aumenta l’uso delle strategie negative (che non consentono di elaborare il trauma). Un secondo dato positivo consiste nel fatto che i bambini italiani mantengono livelli accettabili, anche se migliorabili, nelle prestazioni cognitive (68, su una scala da 0 a 100) e metacognitive (6, su una scala da 0 a 12). Questo risultato non è confermato nel gruppo di bambini stranieri (che ottengono punteggi medi di 61, per le prestazioni cognitive, e 4, per quelle metacognitive), per i quali però potrebbero aver influito le minori competenze linguistiche. Un altro aspetto rilevante della ricerca riguardava le relazioni sociali tra gli alunni (tali dati si riferiscono solo ai bambini di terze, quarte e quinte). Anzitutto, è emerso che i bambini hanno fortemente sentito il sostegno psicologico non solo dei genitori, ma anche degli amici. Inoltre, gli alunni si vedevano fortemente come un gruppo unico, quello delle vittime del terremoto, e desideravano conoscersi e aiutarsi l’uno con l’altro, indipendentemente dalle appartenenze sociali e dell’origine etnica. Sembra allora che, per i bambini, l’evento traumatico abbia rinforzato i legami sociali tra due gruppi (italiani e stranieri) le cui relazioni sono spesso conflittuali.

 

Conclusioni

Oltre a fornire una “fotografia” degli effetti del terremoto, si volevano anche individuare i fattori che portano al miglioramento del benessere individuale.

La dott. ssa Alessia Cadamuro pone l’accento sul “ruolo delle capacità di mentalizzazione, le quali, potenziate dall’uso delle strategie di coping, si sono dimostrate importanti nel <contenere> gli effetti del terremoto migliorando la prestazione cognitiva dei bambini”. La dott. ssa Annalisa Versari sottolinea che “questo effetto benefico della capacità di mentalizzazione era presente solamente quando i bambini si sentivano sostenuti dagli altri; quindi, il sostegno sociale è fondamentale per il benessere delle persone”. Il dott. Loris Vezzali, da parte sua pone “l’accento sull’importanza di mantenere relazioni sociali positive tra italiani e stranieri: il trauma del terremoto portava i bambini a vedersi come un gruppo unico, senza distinzioni tra italiani e stranieri; quelli che si vedevano come un gruppo unico erano anche i più desiderosi di conoscere e aiutare i membri dell’altro gruppo”.

Allora, due sono i fattori chiave per migliorare il benessere individuale: per attutire gli effetti del terremoto è fondamentale condurre interventi che agiscano sulle capacità di mentalizzazione dei bambini e sul miglioramento delle relazioni sociali.

 Nella foto da sinistra: Annalisa Versari, Loris Vezzali, Giorgio Zanetti, Alessia Cadamuro, Dino Giovannini