lavoroLa disoccupazione nel 2012 è cresciuta anche a Modena raggiungendo il 5,8 per cento, pur rimanendo sotto i livelli regionali (7,1 per cento) e, soprattutto, nazionali: 10,7 per cento nel 2012 e 12,1 per cento secondo le ultime rilevazioni. E in questo contesto cresce soprattutto la disoccupazione giovanile, quasi raddoppiata rispetto al 2008, con un valore oggi pari al 25,3 per cento, mentre a livello nazionale è al 35,3 e in regione al 26,4 per cento.

I dati rappresentano un’anticipazione dell’Annuario statistico 2012 in corso di pubblicazione e non stupisce che in questo scenario aumenti la percezione della crisi da parte delle famiglie, come conferma un’indagine dell’Ufficio ricerche del Comune di Modena in cui quasi sei modenesi su dieci si collocano nella classe sociale medio bassa e due su dieci in quella bassa, con un peggioramento rispetto a un’analoga indagine del 2011. E per un terzo delle famiglie è difficoltoso arrivare alla fine del mese.

“I dati quindi ci dicono che lo scorso anno il nostro tessuto economico ha retto meglio rispetto ad altre realtà, ma le sofferenze non mancano – commenta l’assessore allo Sviluppo economico Stefano Prampolini – e aumenta e si rafforza la percezione della gravità della crisi da parte delle famiglie modenesi. L’auspicio quindi è che le caratteristiche del nostro territorio e delle nostre imprese ci consentano di essere pronti a cogliere i primi segnali di ripresa, a partire dalle opportunità offerte dal decreto lavoro, che ha un’attenzione particolare proprio per l’occupazione giovanile”.

I dati del 2012 rispetto agli avviamenti al lavoro nel territorio comunale sono in linea con quelli dell’anno precedente, intorno ai 60 mila: aumentano però gli avviamenti nei servizi e calano quelli nell’industria e nell’agricoltura. In sette casi su dieci si tratta di italiani, mentre il 7 per cento sono cittadini comunitari e il 22 per cento extracomunitari. Tra questi ultimi, prevalgono marocchini, albanesi e ghanesi.

Sono aumentate le cessazioni, che passano dalle 57 mila 973 del 2011 alle 60 mila 689 del 2012 con un saldo tra avviamenti e cessazioni dei rapporti di lavoro che nel 2012 è stato negativo per tutti i macro settori di attività: agricoltura, industria e servizi. Il calo più forte è stato nel settore industriale con contrazioni nel manifatturiero superiori al 10 per cento.

In calo anche il dato relativo ai contratti a tempo indeterminato: nel 2012 solo il 17,1 per cento degli avviamenti ha queste caratteristiche, quasi la metà dei contratti (il 45,5 per cento) è a tempo determinato, mentre quelli di somministrazione raggiungono il 16,2 per cento. Tra le cessazioni, invece, una su cinque (il 21 per cento) ha riguardato rapporti a tempo indeterminato, un dato in linea con gli anni precedenti.

 

NELLE FAMIGLIE CRESCE PERCEZIONE DELLE DIFFICOLTÀ

Un’indagine testimonia la maggiore consapevolezza. E più modenesi si considerano nelle fasce sociali medio basse, con problemi ad arrivare a fine mese

L’indagine sulla percezione delle crisi è stata svolta dall’Ufficio ricerche del Comune di Modena tra il 26 novembre e il 9 dicembre 2012 con un sondaggio presso un campione rappresentativo della popolazione modenese, per genere, età e zona di residenza: complessivamente 1329 casi.

La maggioranza dei cittadini (52,7 per cento) ritiene che la crisi sia molto più grave di quel che si pensa, e il 42,6 per cento la valuta grave come appare: la crisi non è dunque percepita come una costruzione mediatica o una speculazione economica bensì come un fatto reale.

Quasi sei su dieci degli intervistati (il 58,6 per cento) colloca il proprio nucleo familiare nella classe sociale medio bassa e il 19,3 per cento in quella bassa; il 18,4 per cento indica la classe alta o medio alta (non era prevista l’indicazione “classe media” e dunque si è “forzato” l’intervistato a scegliere fra medio bassa e medio alta). Rispetto all’analoga domanda posta nel 2011 si rileva un peggioramento nell’autocollocazione della classe sociale di appartenenza, in particolare aumenta l’indicazione della classe sociale bassa.

“L’impressione – spiegano gli esperti – è quella che l’ultimo anno abbia determinato un’accelerazione nella percezione di gravità della crisi, come se si fosse fatta più incalzante, più vicina e più grave”.

Il livello di vicinanza alla crisi è differenziato, sempre in riferimento al proprio nucleo familiare: circa il 12 per cento è stato toccato da cassa integrazione o licenziamenti; mentre tra il 17 e il 24 per cento degli intervista ha avuto una riduzione del lavoro, autonomo, libero professionale o atipico. Uno su quattro (il 27 per cento) dichiara invece di essere stato colpito “in altro modo” e, di questi, oltre la metà evidenzia un calo del potere d’acquisto, e un quarto l’aumento di tasse.

Gli aspetti visti fin qui (di percezione e di vicinanza alla crisi) si traducono nella risposta relativa alla disponibilità di reddito mensile. Gli intervistati si dividono in tre gruppi di analoghe dimensioni: un terzo dichiara difficoltà o molta difficoltà ad arrivare a fine mese; un terzo dichiara qualche difficoltà; un ultimo terzo non ha difficoltà.

Alla richiesta di indicare come l’intervistato e la propria famiglia si sentissero di fronte alla crisi il 18 per cento dichiara una condizione di debolezza, il 38 per cento ritiene di avere qualche risorsa per reggere ma non per molto, il 36,3 per cento valuta di avere una certa forza per resistere e infine il 6,4 per cento si dichiara abbastanza forte.

Dunque, l’area di debolezza esplicita riguarda il 18 per cento degli intervistati più una parte di coloro che dichiarano di possedere qualche risorsa ma non per molto. La maggioranza degli intervistati ritiene che la crisi economica avrà ancora tempi lunghi: il 57,5 per cento indica la fine tra più di due anni.