Dalle notizie di stampa apprendiamo che il Comune di Modena assieme alle Associazioni del Commercio si è fatto promotore di un bando, “Etico e Tipico”, che prevede, qualora si rispettino le regole contenute nel decalogo che lo compone, l’entrata nel paradiso dei “pubblici esercizi socialmente responsabili” e il conseguente uso del marchio. A tale condizione si perviene qualora i comportamenti prescritti vengano liberamente e volontariamente agiti.

Aldilà del valore o meno del progetto presentato dal Comune, ci colpisce la vacuità con cui viene affrontato il tema LAVORO nel decalogo che compone il bando.

Anche il lavoro deve essere fattore di eticità e deve essere caratterizzato da contratti di lavoro tipici, che prevedano la giusta retribuzione e siano corredati da un sistema di diritti esigibili.

Il settimo dei “dieci comandamenti” della carta etica, al titolo PERSONALE, suggerisce di “promuovere la formazione del personale così da sviluppare competenze e capacità e favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.

Come possiamo credere in tali percorsi virtuosi quando l’addetto di questo settore è in gran parte assunto con contratto a chiamata e, spesso, troppo spesso, è un lavoratore o una lavoratrice in nero?

E in presenza di liberalizzazioni degli orari, come possono essere prevedibili turni di lavoro e nastri orari rispettosi dei tempi di vita e dei bisogni di conciliazione dei lavoratori e delle lavoratrici ?

Non pochi sono gli esempi di soggetti imprenditoriali che operano nel disprezzo delle norme di legge e contrattuali!

Non è la prima volta che le organizzazioni sindacali del Commercio denunciano il persistere e l’aumento del lavoro nero nel settore Pubblici Esercizi e più volte è stato chiesto di fare terra bruciata attorno ai professionisti del lavoro nero attraverso il maggior coinvolgimento delle Amministrazioni locali e delle Associazioni di Impresa, per contrastare un fenomeno che nel settore mostra dati davvero preoccupanti.

In particolare riteniamo che il ruolo dei Comuni non sia stato sino ad oggi all’altezza dei gravi problemi via via segnalati.

Non ci risulta che il contrasto al lavoro nero nei pubblici esercizi sia entrato, come da noi richiesto in alcune realtà, all’interno delle delibere comunali che regolano la concessione di licenze. E non risulta essere nemmeno essere etico e tipico!

Ad oggi può essere sospesa o revocata da un Comune la licenza di un bar o di un ristorante per rumori molesti, ma non per l’utilizzo reiterato di lavoro nero.

Più volte come Organizzazioni Sindacali abbiamo richiesto l’apertura di un tavolo provinciale su questi temi, cosa per noi ancora prioritaria, perché combattere il lavoro nero significa poter permettere ai lavoratori di affermare i propri diritti contrattuali, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, significa inoltre combattere l’evasione contributiva e fiscale che si determina e fare l’interesse stesso della comunità.

Non possiamo, infine, non ricordare che sempre più spesso i diritti dei lavoratori vengono considerati merce di scambio per abbattere i costi dell’impresa, ne sia esempio ultimo la disdetta del CCNL di settore da parte di Fipe/Confcommercio .

Domani i ristoranti, bar, pizzerie, pub avranno il marchio di qualità “Etico e Tipico” da mostrare ma le lavoratrici e i lavoratori potrebbero non avere più un contratto che tuteli i loro diritti.

 

(Filcams/Cgil, Fisascat/Cisl, Uiltucs/Uil Modena)