mostra-apparenza-ingannaL’apparenza inganna. Figure impossibili e illusioni ottiche presso la sala ex Poste dei Musei di Palazzo dei Pio di Carpi propone da venerdì 6 febbraio un percorso didattico realizzato in collaborazione con il Liceo Scientifico Manfredo Fanti. Il percorso sarà visitabile per le scuole fino al 6 aprile durante la settimana e sarà aperto al pubblico sabato, domenica e festivi, ore 10-13 e 15-19.

La mostra è strutturata in due sezioni, una costituita da opere originali, incisioni, volumi, libri, dischi e fumetti; l’altra presenta exhibit con cui i visitatori possono ‘giocare’ con le figure impossibili: film, videogiochi, costruzioni impossibili con i Lego, proiezioni e costruzioni di figure impossibili e illusioni ottiche.

La geometria e le sue regole applicate al disegno permettono di rappresentare quello che vediamo in modo tale che il cervello lo ritenga simile alla realtà. Questo metodo consente anche di ‘ingannare’ l’occhio e di rappresentare oggetti o spazi in false prospettive e renderli ‘impossibili’.  La ‘cosa’ che l’occhio percepisce non è una cosa reale e possibile. Per qualche secondo, però l’occhio è riuscito a ingannare il cervello: è questa la caratteristica delle Figure Impossibili. Possiamo allora dare questa definizione: “Una figura impossibile è un disegno che rappresenta qualcosa che non può esistere nel mondo reale ma costruito in maniera tale che il cervello, almeno per un attimo, lo ritenga simile alla realtà”. L’ambiguità spaziale delle Figure Impossibili trova germe già nel Cubismo. L’artista svedese Oscar Reutersvärd è il padre delle figure impossibili, in quanto per primo deliberatamente creò immagini di questo tipo. Reutersvärd era stato allievo di Fernand Léger e si dichiarò seguace dell’ideologia postcubista. Maurits Cornelis Escher in seguito più di tutti ha rappresentato nei suoi lavori le figure impossibili. L’ispirazione gli é fornita dalle illustrazioni contenute in un articolo sugli oggetti impossibili, firmato da Roger e Lionel Penrose, comparso nel 1958 sulle pagine del British Journal of Psychology. Da allora è iniziata la fortuna delle Figure Impossibili.