CasaMuseoMulinoDelMaglioIl Canale di Modena e l’architettura dell’utile lungo le sue sponde: la Casa-Museo nel Mulino del Maglio di Guido Canali, domenica 14 giugno alle 10.30, conversazione con proiezione di immagini in villa e visita guidata alla Casa-Museo in piazzale Porrino a Sassuolo a cura di Luca Silingardi, storico dell’arte.

Lungo le sponde del Canale di Modena, manufatto artificiale di origine medievale destinato a condurre le regimentate “acque scure” del fiume Secchia a Modena – analogamente al Canale di San Pietro che a Vignola raccoglie quelle del fiume Panaro per condurle nel capoluogo estense – accanto alle architetture destinate al dilettevole svago della villeggiatura sorsero numerose anche le “architetture dell’utile”: mulini, battirami, cartiere, concerie, mulinelli per la polvere da sparo e per i colori da usare nella locale produzione ceramica, e tanti altri opifici che, sfruttando l’energia idraulica, riducevano notevolmente la fatica dell’uomo e degli animali aumentando invece la produttività. Prendendo semplicemente “in prestito” quell’acqua destinata alla città, “rubandole” solo la forza, giusto il tempo di azionare gli ingranaggi, per poi restituirla al suo percorso con un “tornacanale”, anche la pesante macina di un mulino poteva essere azionata facilmente, trasformando i duri chicchi di grano in farina, e dunque in pane.

Tra queste “architetture dell’utile” è anche il Mulino del Maglio di piazzale Porrino in Sassuolo. Un vecchio mulino, dismesso da tempo, che tra il 1997 e il 2000 ha offerto all’architetto parmense Guido Canali (n. 1935) – famoso per il restauro della Pilotta in Parma e del complesso di Santa Maria della Scala in Siena – l’opportunità di verificare la propria attitudine nei confronti dell’antico, disponendosi ad un dialogo che, proprio nell’autonomia e nel distacco dei segni e dei materiali, trova la propria sostanza. Lavorando come sempre sui suggerimenti offerti dal testo murario, Canali ha interpretato questa sommatoria di stratificazioni – un impianto molitorio ottocentesco il cui nucleo originario risale a un battirame della metà del XVII secolo, da cui il nome di “Mulino del maglio” – alla luce dell’elemento che ne anima impianto e struttura, conferendo al complesso suggestioni visive e sonore: l’acqua. La prima operazione affrontata è stata dunque quella di ricomporre l’originario ciclo idrico la cui energia deriva dalla circolarità e successione delle diverse canalizzazioni e dalle variazioni di quota; restaurato il sistema e ricostruito il condotto di deviazione, trasversale al lotto e interrato al di sotto del giardino sul fronte orientale, Canali ha poi tradotto la volontà dei committenti – davvero illuminati – di dare al complesso la doppia veste di museo e residenza, in un’acuta e poetica dialettica degli opposti, facendo sì che l’acqua sia essenza e metafora del nuovo organismo. Nel nucleo del vecchio mulino (il piano interrato e terreno dell’ala nord), interpretata come materia ed energia l’acqua comporta il restauro delle macine in pietra e delle sottostanti pale in legno; nel resto dell’edificio essa diviene invece motivo di circolarità, fluidità e trasparenza, determinando una progettazione dinamica dei percorsi, dei materiali e delle fonti luminose che da tali qualità trae ispirazione. Tutto il progetto ruota così attorno al vano centrale del complesso (in origine magazzino dell’ala del mugnaio, ora ingresso principale all’appartamento padronale dal fronte occidentale) che si trasforma in un pozzo di luce svuotato su quattro livelli; l’inizio di questo canon à lumière è costituito dalla vasca d’acqua, la fine da un ampio lucernario a nastro. Il centro è lo spazio, vorticoso e dinamico, dove leggere passerelle si susseguono, ora parallele al canale, ora ortogonali, a ribadire la continuità dei flussi di collegamento tra i vari ambienti. In tale gioco l’elemento murario assume un ruolo determinante: “il vecchio” muro in mattoni e sassi, restaurato e lasciato faccia a vista, diviene tema forte di questa dialettica, rendendo ‘inevitabile’ la leggerezza e la tecnologia degli elementi aggiunti così come la scelta del progettista di rafforzarne la continuità e la staticità. Ecco allora che la vasca d’acqua, in realtà una vera e propria piscina, è rivestita con un materiale di natura ceramica, realizzato artigianalmente utilizzando come stampo un calco ottenuto dai vecchi mattoni, mentre le aperture improprie succedutesi nel tempo vengono tamponate così da recuperare l’originaria trama materica e ritmica del paramento. Il tema dei collegamenti leggeri e delle trasparenze sembra animare tutta la casa, suggerendo soluzioni diversificate nei vari ambienti. Nella zona giorno (l’ex granaio al primo piano del mulino) le imponenti tracce del muro in mattoni e delle capriate lignee sono quasi smaterializzate tramite raffinate soluzioni: i lucernari a nastro che tagliano la copertura al colmo e in gronda, creando una suggestiva sensazione di sospensione, e la separazione decisa tra superfici (il nastro a verde sul lato est e i profilati metallici della zoccolaturara), secondo un’attitudine che evoca le architetture di Carlo Scarpa (1906-1978) nel segno ma non nella sostanza. Altro tema presente in questa zona, palesemente desunto dalla tipologia del mulino, è quello dei collegamenti verticali: un’apertura vetrata posta al centro di questo grande vano consente infatti di traguardare i sottostanti ambienti delle macine e delle pale, garantendo un reale e costante rimando alla memoria del luogo. Ai piani superiori la trasparenza assume ulteriori connotazioni: il percorso di collegamento del secondo piano si configura come una passerella pavimentata in vetro sospesa sull’atrio d’ingresso, serrata tra la vecchia pilastratura in mattoni ed i ricorsi orizzontali della panca e della libreria, e i bagni dell’appartamento padronale presentano un soffitto in cristallo coperto da una lama d’acqua di 10 centimetri. Diverso appare invece il trattamento della cucina estiva al piano terreno, a differenza di quella al piano superiore più appartenente al mondo rurale ed allo spazio esterno che non al mulino; qui la muratura in mattoni e le voltine in pianelle, restaurate, si combinano con il pavimento in lastre di pietra corrugate e il fronte orientale è interamente vetrato sul giardino. Tra recupero e tecnologia, il mulino e la casa costituiscono un interessante tassello nell’itinerario del progettista, dove la storia dei luoghi e dei materiali convive con inconsuete suggestioni e sperimentazioni.

Dunque un altro Matinée in villa da non perdere…

RITROVO PRESSO VILLA GIACOBAZZI dove si presenterà il tema con la proiezione di immagini, per poi trasferirsi a piedi al Mulino del Maglio. Partecipazione libera e gratuita fino a esaurimento dei posti disponibili.