mediciStato di agitazione dei dipendenti dell’Azienda Usl di Modena. Lo preannunciano i sindacati Fp-Cgil, Cisl Funzione pubblica, Uil-Fpl, Nursind, Fials e Fsi insieme alla grande maggioranza delle rsu. Motivo: l’interruzione della trattativa in corso sull’organizzazione del lavoro. È probabile che nel giro di qualche giorno sindacati e azienda siano convocati in prefettura per il tentativo di conciliazione; se non si troverà l’accordo, le organizzazioni sindacali passeranno al blocco degli straordinari e a ulteriori azioni di lotta da decidere insieme ai lavoratori. «Dopo diversi incontri in cui si è discusso di piano occupazionale, organizzazione del lavoro e pagamento del lavoro straordinario effettuato, l’ente continua a non rispondere nel merito alle diverse proposte da noi avanzate – affermano Anna Paragliola (Fp-Cgil), Patrizia De Cosimo (Cisl Funzione pubblica), Giuseppe Belloni (Uil-Fpl), Eleonora Checchi (Nursind), Cesare Bruno (Fials) e Benedetta Misurata (Fsi) – La trattativa si è interrotta circa due settimane fa e, nonostante le nostre reiterate richieste, l’Ausl non ha ancora convocato il tavolo di confronto».

Per sollecitare la riapertura della trattiva, mercoledì scorso 11 novembre i sindacati hanno organizzato un presidio davanti alla sede della direzione generale Ausl. «A oggi non è ancora prevista nessuna data di incontro. Eppure è da tempo che denunciamo l’insoddisfacente confronto con l’Ausl sui carichi di lavoro degli operatori. Basti pensare – continuano Fp-Cgil, Cisl Funzione pubblica, Uil-Fpl, Nursind, Fials e Fsi insieme alla grande maggioranza delle rsu – che da gennaio ad agosto di quest’anno sono state richieste ed effettuate 300 mila ore di straordinario, corrispondenti al lavoro ordinario annuale di 200 operatori. Riteniamo irresponsabile l’atteggiamento di chiusura mostrato dalla direzione Ausl nei nostri confronti, visti i cambiamenti organizzativi necessari per ottemperare a diversi progetti e obblighi di legge. Primo tra tutti, l’entrata in vigore dal 25 novembre della legge n.161/2014 che impone il rispetto di undici ore di riposo tra un turno e l’altro di lavoro, e un massimo di 48 ore di lavoro settimanali. Il tutto (dice la legge) senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, ma attraverso la riorganizzazione dei servizi».

Per i sindacati si tratta di una missione impossibile che rischia concretamente di tradursi in una riduzione dei servizi, soprattutto se la riorganizzazione avverrà senza il coinvolgimento dei lavoratori e delle loro rappresentanze. Per Fp-Cgil, Cisl Funzione pubblica, Uil-Fpl, Nursind, Fials e Fsi uno dei problemi principali è il piano occupazionale 2015 che, per ammissione della stessa Ausl, arriva a coprire solo il 27 per cento del personale in uscita. Nel 2015, infatti, tra pensionamenti e dimissioni l’Ausl perde 178 unità, di cui 50 tra la dirigenza (medica e non medica) e 128 unità tra infermieri, ostetriche, tecnici della prevenzione, laboratorio e radiologia, operatori socio-sanitari, educatori, personale amministrativo. Di questi 178, 27 posti (personale amministrativo) non saranno sostituiti. Altri 101 posti saranno coperti con assunzioni a tempo determinato, mentre saranno complessivamente solo venti le assunzioni di personale sanitario e tecnico a tempo indeterminato: 14 infermieri, tre tecnici della prevenzione, due di radiologia e uno della riabilitazione psichiatrica. «Attualmente in azienda sono presenti 270 lavoratori precari che con questo piano occupazionale non vedono nessuna prospettiva di stabilizzazione – aggiungono Paragliola (Fp-Cgil), De Cosimo (Cisl Funzione pubblica), Belloni (Uil-Fpl), Checchi (Nursind), Bruno (Fials) e Misurata (Fsi) – Non siamo rimasti soddisfatti neanche dalla risposta, ottenuta solo a mezzo stampa, relativa agli incarichi libero-professionali per la dirigenza. Il risparmio di 300 mila euro vantato dall’Ausl per aver sostituito solo parzialmente i dirigenti in uscita, non è stato utilizzato per aumentare l’organico dei lavoratori del comparto. L’unica misura per la sostenibilità del sistema sanitario continua a essere la compressione delle retribuzioni dei lavoratori, visto che il contratto nazionale è bloccato dal 2009 e a oggi per i dipendenti della sanità la legge di Stabilità non ha previsto risorse». Per tutte queste ragioni i sindacati chiedono l’intervento degli amministratori locali, in particolare di tutti sindaci della provincia, che devono a tutelare la salute dei cittadini.