La tragedia di Genova di oltre tre mesi fa ha drammaticamente, di nuovo, evidenziato all’opinione pubblica quale sia la qualità delle infrastrutture, delle opere pubbliche e del patrimonio edilizio in genere del nostro Paese. I motivi di questa situazione sono racchiusi in una emblematica verità: l’Italia ha smesso da troppo tempo di investire in questo settore, e l’enorme inefficienza prodotta dalla burocrazia fa il resto.

“Nell’ultimo decennio”, ricorda Sandro Grisendi, presidente di ANCE Modena, “la drastica riduzione delle risorse disponibili per infrastrutture ha determinato la rinuncia a circa 60 miliardi di euro di investimenti in nuove opere pubbliche. A partire dal 2016, le leggi di bilancio sono tornate a stanziare fondi per il settore ma la crisi di risorse si è allora trasformata in una crisi di efficienza della spesa. La recente nota di aggiornamento del Def conferma nuovamente questa difficoltà di trasformare le risorse destinate ad investimenti infrastrutturali in cantieri e in spesa”.

La forte riduzione degli investimenti è un dato di fatto: dopo i cali del 2016 (-1 miliardo) e del 2017 (-1,9 miliardi), anche nel 2018 la forbice tra previsione e realtà risulta di 1,5 miliardi di euro.

“Gran parte di questo risultato è da attribuire ai ritardi nell’avvio nel piano infrastrutturale da 140 miliardi di euro (stima Ance) lanciato a fine 2016 e sul quale poggiavano molte delle speranze di ripresa degli investimenti”, prosegue il presidente di ANCE Modena. “Oggi, il quadro è drammatico: dopo quasi due anni, il livello di attuazione del Piano è pari a meno del 4%. È un risultato molto inferiore alle previsioni, come dimostra il caso emblematico del Fondo Presidenza del Consiglio: meno di 300 milioni di euro spesi in due anni contro una previsione di 2.770 milioni (raggiunto appena il 10% dell’obiettivo). Nello stesso tempo il settore ha perso oltre 600 mila posti di lavoro. E purtroppo la tendenza non è invertita”.

Nasce da queste considerazioni l’esigenza di rispondere a queste domande: quali sono i mali che bloccano l’Italia e impediscono di realizzare le infrastrutture e gli interventi di manutenzione e riqualificazione necessari a mettere in sicurezza i territori e a far crescere l’economia? È possibile migliorare le condizioni del Paese e non arrendersi al declino?

“Noi non vogliamo arrenderci, né come cittadini né come imprenditori”, sostiene Grisendi, ribadendo un concetto su cui ANCE nazionale sta insistendo da tempo. “Per questo abbiamo voluto, a conclusione della nostra assemblea annuale, dedicare un momento di approfondimento alla situazione del Paese ad oltre due anni dall’introduzione del Codice degli appalti”.

Se ne parlerà, giovedì 6 dicembre, a partire dalle 16, presso l’Auditorium “Giorgio Fini” di Confindustria Emilia sede di Modena (Via Bellinzona 27/a) nel convegno “Appalti e costruzioni, imprese ed enti pubblici. Le ripercussioni a due anni dall’introduzione del nuovo codice”.

Al discorso di apertura di Sandro Grisendi, presidente di ANCE Modena, seguiranno gli interventi di Valter Caiumi, vicepresidente di Confindustria Emilia Area Centro, sulla congiuntura economica del Paese, di Gabriele Buia, presidente di ANCE, sulla situazione del settore delle costruzioni in Italia, di Arturo Cancrini, avvocato e docente di Legislazione Opere Pubbliche presso l’Università Tor Vergata di Roma, sullo stato di applicazione del codice, e di Marco Giubilini, coordinatore Area Governo del Territorio dell’Anci Emilia-Romagna, sulla situazione vista dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani.

Si prega di comunicare la partecipazione a: edili.mo@confindustriaemilia.it.