“I Comuni dell’Emilia-Romagna che hanno scelto di intraprendere la strada virtuosa della fusione dovranno fare i conti con un taglio di quasi 5,7 milioni per l’anno 2019. Una doccia fredda per gli amministratori delle municipalità coinvolte e dei cittadini, i primi a essere danneggiati da questa drastica sforbiciata”. Lo ha detto l’assessora regionale al Bilancio e al Riordino istituzionale, Emma Petitti, in relazione alla pubblicazione del riparto del contributo erariale per le fusioni e incorporazioni dei Comuni. Una riduzione dei fondi che in Emilia-Romagna interessa 33 municipalità.

“In Emilia-Romagna– prosegue l’assessora Emma Petitti- le fusioni rappresentano una grande opportunità strategica per i piccoli e medi Comuni, sia per conseguire una governance efficiente che per fronteggiare la carenza di risorse finanziarie, problema ormai comune a tutti gli enti locali. Attraverso il sostegno finanziario ai processi di fusione, in questi anni, Stato e Regione hanno garantito lo sviluppo di alleanze più solide a cui si legano molteplici benefici. Questo non può essere messo a repentaglio a causa di una decisione scellerata da parte del Governo. Perciò occorre che l’Esecutivo ripensi la scelta e adegui il fondo nazionale per le Unioni al fabbisogno complessivo, rispettando i patti presi con le realtà locali”.

Tra le fusioni che si vedranno tagliate le risorse quelle di Poggio Torriana e Montescudo-Montecolombo in Provincia di Rimini, Valsamoggia e Alto Reno Terme in Provincia di Bologna, Fiscaglia, Terre del Reno, Riva del Po e Tresignana in Provincia di Ferrara, Sissa Trecasali, Sorbolo Mezzani e Polesine Zibello in Provincia di Parma, Ventasso in Provincia di Reggio Emilia, Alta Val Tidone in Provincia di Piacenza.

“La Regione– conclude Petitti- non abbasserà la propria quota di risorse per i Comuni che abbiano scelto la strada della fusione, ma è evidente che questo non è sufficiente. Ogni livello di governo deve mantenere i propri impegni, diversamente metteremmo a rischio la programmazione di decine di Comuni italiani ed emiliano-romagnoli che hanno visto nelle fusioni uno strumento di crescita per i propri territori”.